sabato 26 ottobre 2013

La Buona Annata's Literary Supplement: Soppressione degli oceani

Alphonse Allais, Soppressione degli oceani, mari, fiumi e, in generale, dei differenti specchi d'acqua che ornano la superficie del globo (Le Journal, 1905)

"Io," disse una signora con accento inglese, "l'ho visitato l'Hohenzollern. E' una nave magnifica."
Seguì la descrizione dettagliata dell'imperial bastimento.
Tutti noi, in quello scompartimento, ascoltavamo la signora, non risparmiando sforzo alcuno per dare alle nostre fisionomie l'apparenza dell'interesse più acceso.
Solo un signore dì età, in un angolo, non sembrava provare alcun piacere ai particolari di quel germanico e galleggiante splendore.
Ben presto, perse anche la pazienza, alzò le spalle e mugugnò: "Navi! Ah? sì, parliamone pure! Davvero qualcosa di speciale, le navi! E a che cosa servono, ditemi un po'?"
"Scusi, signore," lo interruppi io garbatamente. "Le navi sono ancora quanto di meglio si sia trovato per andare sull'acqua."
"Scusi lei!" ribatté il vecchio signore. "Ho trovato io qualcosa di meglio, io che le parlo!"
"Meglio che le navi?... per andare sull'acqua?"
"Sì, signore, per andare sull'acqua!"
"Ah! E per esempio?... Io non sono affatto curioso, ma mi piacerebbe proprio sapere..."
"Dipende soltanto da lei, signore. Se vuole farmi l'onore di venire a farmi visita, la farò assistere a dei curiosi esperimenti."
E mi tese il suo biglietto: Duca di Penuria, castello di Penuria (Musintrògolo).
Avevo spesso sentito parlare di questo vecchio gentiluomo come di un eccentrico sdegnoso, ma era la prima volta che mi trovavo alla sua presenza.
Come potete supporre, mi guardai bene dal mancare al suo allettante invito.
La tenuta di Penuria, come tutte le tenute appartenenti a coloro che sono dominati da un'idea fissa, è molto trascurata.
Nel bel mezzo dei sentieri spunta l'erba e i vecchi alberi secolari non perderebbero nulla a essere potati con maggiore frequenza.
Eravamo arrivati in fondo al parco, davanti a una superficie piana piuttosto ampia di cui, a prima vista, non riuscivo a spiegarmi la natura.
Un immenso maneggio, si sarebbe detto, un maneggio all'aria aperta e coperto da uno spesso strato di segatura.
"Che cos'è questo, secondo lei?" mi chiese bruscamente il mio ospite... "Non si sforzi, non ci arriverebbe: è uno stagno."
"Uno stagno?... Uno stagno senz'acqua, allora."
"Al contrario, uno stagno pieno d'acqua, ma dove l'acqua è coperta da uno strato di sughero sminuzzato."
"Comincio a capire."
"Questo strato di sughero sminuzzato ha uno spessore di trenta centimetri, spessore sufficiente per sopportare non soltanto il passaggio di persone, ma anche la circolazione automobilistica."
"Quasi incredibile."
"L'esperienza è a portata di mano."
Infatti ci incamminammo sul sughero del brav'uomo e costatai che non affondavamo affatto.
Si aveva la sensazione di camminare sopra un tappeto elastico, su un materasso di gomma e senza affondare.
Il duca di Penuria inforcò un vecchio triciclo e fece diversi giri sul laghetto.
Stesso risultato.
"Ebbene, disse il brav'uomo trionfante, "è convinto, adesso?... Poiché nulla impedisce di realizzare in grande, sul mare, quel che si può fare sopra uno stagno."
"Be', mi permetta..."
"Prevedo le sue obiezioni e le demolirò una dopo l'altra, così come potrebbe fare un abile tiratore con le pipe di una fiera paesana."
E infatti questo demonio d'inventore mi convinse totalmente. 
Soltanto, cari miei, ce ne vorrebbe di sughero per coprire tutta la superficie liquida del globo, altro che se ce ne vorrebbe!
Il duca ha calcolato che se tutti i paesi civili della terra ci mettessero un poco di buona volontà, costringendo i cittadini del mondo intero a coltivare il sughero nelle loro proprietà, sul ciglio delle strade, insomma dappertutto dove il sughero possa germogliare, sarebbero sufficienti una ventina d'anni per arrivare a un risultato definitivo.
Però, quale risultato!
Niente più marina! Niente più costosi e fragili navigli alla mercè d'una raffica di vento o di una collisione!
E il treno diretto tra Parigi e New York (tre giorni e mezzo di viaggio).
Non insisto su tutti i progressi, su tutti i vantaggi che il successo di questa magnifica impresa porterebbe all'umanità
Disgraziatamente, c'è l'Inghilterra; l'Inghilterra meno disposta che mai a metter da parte la sua supremazia marittima, l'Inghilterra egoista e mercantile, quell'Inghilterra cioè pronta a schiacciare nell'uovo l'idea splendida e apportatrice di civiltà del duca di Penuria.

Poscritto. Un signore che si qualifica ingegnere internazionale mi scrive una lettera in cui rimprovera aspramente al duca di Penuria, autore di questo progetto, di essersi ispirato a una sua idea, che egli ebbe già ad esporre in pubblicazioni specializzate.
Si tratta delle strade galleggianti, il cui ricordo è ancora vivissimo (è l'ingegnere internazionale ad affermarlo) in tutte le persone che si occupano seriamente (seriamente è sottolineato) dei progressi dell'umanità.
Come indica il suo nome, la strada galleggiante è una lunga coda di solide zattere attaccate l'una all'altra, ancorate in mare per mezzo di ancore e di catene a molla. 
Queste catene a molla permettono alle nostre zattere di disgiungersi momentaneamente per far passare le navi; dopo di che le suddette zattere non hanno altro da fare che tornare a congiungersi.
Grosse ciambelle ad hoc attenuano gli inconvenienti degli urti e dell'attrito.
L'ingegnere internazionale afferma che non c'è niente di più pratico della sua idea e, in un poscritto davvero commovente, mi offre, se io intendo caldeggiare il suo progetto e procurargli, io stesso (!) o attraverso i miei amici, la dozzina di milioni di franchi necessari a impiantare una strada galleggiante Calais-Dover, mi offre, dico, una forte percentuali sugli utili.
Avviso agli amatori.
Oltre gli enormi profitti che l'affare apporterà, i Signori Azionisti avranno diritto a una tessera di libera circolazione sulle strade galleggianti per sé e i loro familiari.
Confessate che è allettante.
Altre comunicazioni mi sono pervenute sul medesimo argomento.
Vi tornerò sopra, ne vale la pena.

(Il pianeta Hellzapoppin. A cura di Valentino De Carlo. De Carlo editore, 1968)





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