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lunedì 2 dicembre 2013

The River Sessions

Curiose sono le circostanze dell'ingresso di Maggie Bell nel mondo discografico. Narrano le cronache che Peter Grant, all'epoca in cui era manager degli Yardbirds, ebbe modo di assistere all'esibizione di un gruppo scozzese di rock blues in una base dell'aeronautica statunitense in Germania. The Power, tale l'impegnativo nome della band, erano stati fondati da Leslie Harvey, fratello del più celebre Alex, e dalla fidanzata Maggie Bell. Ribattezzati Stone the Crows da Peter Grant, divenuto nel frattempo loro manager insieme a Mark London, pubblicarono quattro album tra il 1970 e il 1972. Lo scioglimento del gruppo, avvenuto l'anno successivo, non interrompe il rapporto professionale tra la Bell e Grant, che lancia la sua carriera solista mettendola sotto contratto per la Swan Song e propiziando la partecipazione di Jimmy Page al suo secondo album, Suicide Sal. Dopo un disco con i Midnight Flyer e altri lavori solisti, Maggie si trasferisce in Olanda per oltre un ventennio. Tornata in patria è tra i promotori del British Blues Quintet, formazione che comprende anche Zoot Money, il bassista Colin Hodgkinson degli indimenticati Back Door e il batterista degli Stone the Crows, Colin Allen. Nel corso della sua lunga carriera Maggie Bell non ha mancato di prestare la sua voce, spesso paragonata a quella di Janis Joplin, a dischi di altri artisti. L'ambito è in massima parte quello del rock blues (Long John Baldry, Jon Lord, Clem Clempson) ma non mancano curiose digressioni come la partecipazione a Bananamoon di Daevid Allen. Il contributo più noto però rimane quello fornito alla canzone Every Picture Tells a Story, che da il titolo al grande album di Rod Stewart del 1971. The River Sessions, registrato al Pavillion di Glasgow il primo giorno di novembre del 1993 ma pubblicato solo nel 2004, presenta una Maggie Bell in forma smagliante alle prese con classici immortali della musica che amiamo. Cosa si può volere di più?




Recorded Live at the Pavillion, Glasgow, November 1st, 1993

Blue Suede Shoes
Try A Little Tenderness
As The Years Go Passing By
Only Women Bleed
Ain't No Love In The Heart Of The City
Good Man Monologue
Trade Winds
No Mean City
Every Little Bit Hurts
That's The Way I Feel

Ronnie Caryl:  Guitar, Vocals
Pat Crumley:  Sax
Paul Francis:  Bass
Chris Parren:  Keyboards, Vocals
Jeff Scopardie:  Drums, Vocals  




sabato 21 settembre 2013

Ten from Five

Nati nel 1982 nel New Jersey per iniziativa di John Easdale e Chris Carter, i Dramarama esordiscono due anni dopo con l'EP di cinque pezzi Comedy. Il buon riscontro ottenuto in Francia porta la New Rose a pubblicare l'album Cinéma Vérité. Negli Stati Uniti il disco esce per la Posh Boy grazie a Rodney Bingenheimer che lo promuove dai microfoni della KROQ di Los Angeles ritenendo che il gruppo fosse francese!
Il successo locale della canzone Anything, Anything convince la band a trasferirsi a L.A., dove inizia un'intensa attività compositiva che porterà all'uscita ravvicinata di cinque album e numerosi singoli, EP e partecipazioni a compilazioni. Tra queste una cover di Private World dei New York Dolls, pubblicata in The Best of Rodney on the ROQ come ringraziamento a Bingenheimer e Robbie Fields della Posh Boy. Le canzoni dei Dramarama sembrano nascere già come dei piccoli classici prodotti da giovani dalle idee chiare, innamorati di Stones e New York Dolls (ma anche i Beatles grazie al devoto bassista e produttore Chris Carter). Grazie alla buona reputazione raggiunta col duro lavoro i nostri coronano il sogno di ospitare nei loro dischi musicisti del calibro di Mick Taylor, Sylvain Sylvain, Jim Keltner, Nicky Hopkins, Bentmont Tench degli Heartbreakers e il produttore Don Smith. 
Dopo lo scioglimento del gruppo John Easdale inizia una proficua carriera solista dividendosi tra il New Jersey e Los Angeles, sino alla rinascita dei Dramarama nel 2003.
10 from 5 è una bella antologia che offre un'adeguata introduzione al mondo dei Dramarama. Manca Anything, Anything ma contiene una inedita versione acustica di Work for Food e una cover, tratta dall'album Vinyl, di Memo to Turner, la celebre canzone di Mick Jagger contenuta nella colonna sonora del film Performance di Donald Cammell e Nicolas Roeg. Work for Food!





1 - Work for Food
2 - What are We gonna do?
3 - Last Cigarette
4 - Haven't got a Clue
5 - Shadowless Heart 
6 - Some Crazy Dame
7 - Would You Like
8 - Memo to Turner
9 - It's Still Warm
10 - Work for Food (Acoustic Version)



mercoledì 28 agosto 2013

This Island Earth

Agli Avvertiti che nel 1990 ascoltarono Viva Los Angeles II non poté sfuggire il lungo brano che occupava una buona porzione dell'ultima facciata del doppio vinile. Sun and Shadows, questo il titolo, pur inquadrato nell'incredibile lavoro di sintesi operato dalla scena losangelina dell'epoca, spiccava per l'atmosfera serenamente evocativa e fuori del tempo. Semplice e stratificato, incantava e confondeva l'ascoltatore; allo svanire dell'ultima nota pareva di ridestarsi dal sogno di un giardino osservato attraverso una fitta cortina di pioggia. La mente del fanatico è portata per natura a cercare di ricondurre la novità a un mondo di suoni conosciuti, ma in tal caso l'impresa era quanto mai ardua. Al più salivano alla superficie bolle di un'atmosfera germanica Anni Settanta, forse gli Ash Ra Tempel di Starring Rosi o i Popol Vuh emersi dalla Notte dell'Anima. Autore del brano era Mark Nine, musicista tanto poliedrico quanto sfuggente: membro dei Reconstruction con il poeta Randall Kennedy, produttore, titolare dell'etichetta Underworld, conduttore radiofonico, maestro di basso e chitarra (le note del disco menzionano fra i suoi allievi Jacob Dylan e John Frusciante). All'uscita di Viva Los Angeles II, Mark Nine non aveva ancora pubblicato dischi a proprio nome e Sun and Shadows rappresentava il suo personale Eraserhead: se il primo lungometraggio di David Lynch aveva richiesto più di cinque anni di lavorazione, Sun and Shadows venne portato a termine nell'arco di oltre tre anni e divenne il brano portante dell'unico album di Mark Nine. Si dovette attendere il 1994 per avere tra le mani This Island Earth, disco permeato da una gradevole fragranza di retrofuturo fin dal titolo, ripreso dall'omonimo film di fantascienza del 1955, una pellicola leggermente anomala in un'epoca affollata di alieni maniacali e iperattivi, fermamente determinati a sottrarci la nostra piccola palla di sterco partendo dal continente nordamericano. Attorno a Sun and Shadows ruotano brani originali e cover che, curiosamente, non paiono cover. Come in un racconto steampunk si ha l'impressione di ascoltare i Moody Blues che incidono Tuesday Afternoon dopo un balzo temporale di un quarto di secolo, avvalendosi delle moderne opportunità tecnologiche pur conservando lo Spirito dei Sessanta. Ma nulla vieta di poter immaginare anche il contrario. Nella musica di Mark Nine passato e presente non si fondono e nemmeno si amalgamano: si fecondano nella libertà illogica dei sogni.

Credo che Sun and Shadows mi sia stato ispirato in parte da mio nonno Chilton Mac Elwain, che faceva il minatore nel West Virginia durante la Depressione del '30. Egli portò moglie e figli (compresa mia madre) a 3000 miglia ad ovest nel bel mezzo della Grande Migrazione. Si stabilirono in Oregon, per iniziare una nuova vita che prometteva cose considerevolmente migliori. Mio nonno costruì una casa e diventò operaio nell'industria del legno nella piccola città di Sweethome, dove rimase fino alla morte, nel 1985. Ho registrato una conversazione con lui poco prima che morisse, e in un punto lui mi parlava di un sogno, da cui si era svegliato ridendo. Più tardi, riascoltando il nastro, decisi di inserire nel testo "Proprio l'altro giorno ho fatto un bel sogno, mi sembrava di ridere".  (Mark Nine) 





1 - This Island Earth (Mark Nine)
2 - MK Ultra (Mark Nine)
3 - Sun and Shadows (Mark Nine)
4 - Tuesday Afternoon (Justin Hayward)
5 - Lifting the Clouds over Venus (Mark Nine)
6 - Western Heaven (Mark Nine)
7 - Tomorrow Never Knows (Lennon - McCartney)
8 - Upon my Return to Kansas (Mark Nine, Judy Troy)




sabato 8 giugno 2013

La sigla del sadico esperto

Una delle cose belle di questo mondo è che c'è in giro gente capace di tutto. Nel nostro caso tre tipacci belgi che mettono su un gruppo dal nome inglese col quale incidono un secondo album dall'incomprensibile titolo italiano, registrato ad Amsterdam e prodotto da un geniale radical chic newyorchese che lo pubblica per la succursale europea della propria etichetta in una bella confezione cartonata con un'immagine di copertina tratta da un film di Aki Kaurismaki. Tiriamo il fiato e procediamo con ordine. Il gruppo si chiama Perverted by Desire ed è ancora in attività come Perverted. La sigla del sadico esperto rappresenta il primo capitolo della collaborazione con Kramer che produrrà anche il loro terzo e ultimo lavoro e successivamente ben tre dischi dei Perverted. Kramer, oltre che frenetico musicista e produttore, fu anche il fondatore della indimenticabile Shimmy Disc la cui testa di ponte nel vecchio continente si trovava proprio ad Amsterdam. Il fotogramma di copertina è tratto dal film Ariel del 1988, capitolo di mezzo di quella che è conosciuta come Trilogia dei perdenti, con Ombre nel paradiso del 1986 e La fiammiferaia del 1990. Una struggente ballata folk-punk come Mind me non sfigurerebbe in un'opera del regista finlandese. E la musica? Urticante, malinconica, alcolica, surreale (I'm in love with Anu K but she doesn't come my way l'incipit di Silence). Se non apprezzate questa roba vi meritate i Baustelle.




Produced by Kramer
Engineered & Sequenced by Dolf

 1 - Intro
 2 - Kneedeep in Shit
 3 - Solitude
 4 - Madam of the Mansion
 5 - Winter
 6 - Smile
 7 - Mind Me
 8 - Here Come the Dead Horses
 9 - La Sigla / Babylon # 1 & 2
10 - Silence
11 - Kerosene
12 - Pawawawa
13 - All Dressed Down...
14 - Schwester in Dortmund
15 - 26 Now
16 - Pilvivarit
17 - 15 September

Genis Ugly:   guitar, vocals, tapes, sampler, czech flute
Bo Lemaitre:   bass, vocals, guitar, tapes
K. ReL:   guitar, keyboards, vocals

Guy Andriaensen:   slide guitar
Dolf Koeienverhuur:   demolition guitar, balalaika, esim etihw elttil 
Aad:   accordion
Kali Mbangu:   voice
Jankka Matilainen:   acoustic guitar, voice
Anne Kahelin:   vocals
Ahmed al-Massoef:   drums






martedì 5 febbraio 2013

Gimme Shelter

                                                                                     
Avremmo voluto intitolare questo post T.tt.! e corredarlo di immagini adeguate ma La Buona Annata è un blog per famiglie e non ricorriamo a simili mezzucci per ottenere qualche visita in più. Pertanto riguadagnamo la consueta serietà e facciamo un balzo indietro nel passato fino al 1993, quando l'etichetta Food, fondata una decina di anni prima dal tastierista dei Teardrop Explodes! David Balfe e all'epoca consociata con la EMI, pubblicò una serie di quattro singoli contenenti alcune cover di Gimme Shelter. L'iniziativa era finalizzata a raccogliere fondi per il progetto Putting Our House in Order a favore dei senzatetto britannici e vedeva la partecipazione di artisti del calibro di Jimmy Sommerville, Heaven 17, Tom Jones, New Model Army e Sandy Shaw, giusto per citare i più noti. Intitolati tutti Gimme Shelter, i singoli si distinguevano per un complemento che ne precisava il genere: pop, alternative, dance e rock. Accanto a Thunder e Little Angels, autori di prove senza infamia e senza lode, in quest'ultimo disco trova spazio una curiosa accoppiata: gli Hawkwind con Samantha Fox!
Nel corso della loro lunghissima carriera gli Psychedelic Warlords hanno partecipato a numerose iniziative benefiche e free festivals, dagli esordi incendiari nella Notting Hill di fine Sessanta al Travellers Aid Trust, passando per Glastonbury e il festival dell'isola di Wight (ma fuori dalla recinzione...). Nel doppio album che la Flicknife ricavò nel 1988 dal Travellers Aid Trust comparivano anche le Hippy Slags delle quali faceva parte Bridget Wishart, poi con gli Hawkwind dal 1989 al 1991. Con la ponderosa eccezione della performer Stacia, la Wishart fu in pratica l'unica donna entrata per qualche tempo in quella congrega di maschiacci. Questo rende ancor più degno di nota l'incontro tra gli alfieri dello Space Rock e la modella-cantante. La collaborazione si rinnovò alla Brixton Academy il 21 ottobre 2000, quando la Fox cantò come ospite Masters of the Universe nel corso del concerto celebrativo per il trentennale della band.
Dal momento che non si butta mai via niente Gimme Shelter compare anche in It is the Business of the Future to be Dangerous, pubblicato lo stesso anno del singolo, cantata dal solo Richard Chadwick. La canzone degli Stones è anche una delle pochissime cover eseguite dagli Hawkwind. Significativamente le altre due di nostra conoscenza appartengono al repertorio dei primi Pink Floyd: Cymbaline venne registrata nel 1969 quando il gruppo si chiamava ancora Hawkwind Zoo e si può trovare come bonus nella ristampa del 1996 del loro primo album, mentre Interstellar Overdrive è presente solo nel CD allegato al libro The Pink Floyd Encyclopaedia di Vernor Fitch.



giovedì 15 novembre 2012

Tony McPhee's Groundhogs - Gone with the Wind


Let me take you
On the sad-go-round
In the twilight zone
Hear the mournful sounds
Of the carousel
And the calliope
Where you lose your will
And abandon hope


Cosa spinse un limpido pomeriggio domenicale di giugno due appassionati di blues a recarsi a una delle prime fiere del disco nei pressi dell'aeroporto di Linate? Non tanto gli amati ma costosi vinili quanto il palco montato all'aperto su cui si sarebbe esibito Tony McPhee con i suoi Groundhogs. Un forte vento scompigliava i radi lunghi capelli di McPhee, da cui il simpatico titolo del disco che fu ricavato dal concerto. McPhee era una delle nostre leggende viventi e lo spettacolo fu all'altezza delle aspettative.
Con la Allman Brothers Band e Captain Beefheart, i Groundhogs sono tra i pochi che, partiti da una matrice blues, ne hanno saputo utilizzare il linguaggio per sviluppare un mondo di suoni assolutamente personale e originale. Partiti con un album abbastanza canonico come Scratching the Surface e collaborazioni con grandi bluesman americani quali Champion Jack Dupree e John Lee Hooker, lasciano rapidamente intuire le loro peculiarità. L'eclettismo di McPhee si manifesta ad esempio nelle registrazioni effettuate tra il 1965 e il 1966 dagli Herbal Mixture, un gruppo di breve durata messo in piedi durante un temporaneo scioglimento dei Groundhogs, in cui possiamo ascoltare i nostri impegnati a distillare gentili succhi psichedelici dalla fermentazione del beat. Con l'album Blues Obituary, pubblicato nel fatidico 1969, il suono si fa oscuro, impregnato di umori gotici tipicamente britannici. Degno di nota, in tal senso, l'apprezzamento espresso nei confronti del gruppo da David Tibet, che proprio nel 1994 incise una cover di Sad-Go-Round con la collaborazione di Bevis Frond. I primi anni Settanta rappresentano il periodo di maggior soddisfazione per i Groundhogs, sia in termini qualitativi sia di popolarità, grazie anche alle esibizioni come gruppo di apertura ai concerti dei Rolling Stones. Poi i tempi cambiano, McPhee abbandona l'attività musicale a tempo pieno ma continua a pubblicare una serie di godibilissimi dischi, per lo più dal vivo. I Groundhogs non si esibiscono più davanti a platee oceaniche ma in piccoli club, magari davanti a David Tibet, o in situazioni come quella documentata da Gone with the Wind
Dedichiamo questo post all'amico Sonny, presente quel giorno, autentico bluesman nell'animo e oggi attivo ambientalista. E, con infinita gratitudine, a Tony McPhee.

As you spin
On the sad-go-round
And the world is a blur
Of confusing sound
You forget your troubles
You forget your fun
Now you're just a word
Moving round the sun







Shake for me (Burnett) - 3'17"
Eccentric Man (McPhee) - 4'30"
Garden (McPhee) - 5'07"
3744 James Road (McPhee) - 7'07"
I want you to love me (Morganfield) - 5'02"
Split Part One & Part Two (McPhee) - 13'11"
Still a Fool (Morganfield) - 7'22"
Mistreated ( trad. arr. McPhee) - 6'28"
Groundhog Blues (trad. arr. McPhee) - 4'44"
Down in the Bottom (Burnett) - 4'00"


Tony McPhee's Groundhogs:

Tony (T.S.) McPhee - Guitar & Vocals
Eric Chipulina - Guitar
Alan Fish - Bass
Peter Correa - Drums