Visualizzazione post con etichetta Stan Ridgway. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Stan Ridgway. Mostra tutti i post

sabato 11 ottobre 2014

La Buona Annata's Literary Supplement: Mister Big

Ero seduto nel mio ufficio a pulire la mia calibro trentotto e mi stavo chiedendo quale sarebbe stato il mio prossimo caso. Mi piace fare l'investigatore privato e, anche se di tanto in tanto qualcuno mi massaggia le gengive con un crick, il dolce profumo dei bigliettoni verdi mi convince che ne vale la pena. Per non dire poi delle pupe, una mia esigenza accessoria che antepongo solo al respirare. Questo è il motivo per cui, quando la porta del mio ufficio si spalancò per lasciar passare Heather Butkiss, una bionda dai lunghi capelli che entrò a lunghi passi dicendo di essere una modella per nudi a cui serviva il mio aiuto, le mie ghiandole salivari ingranarono la quarta. Ella indossava una minigonna ed un golfino aderente e il suo corpo descriveva una tale serie di parabole che avrebbe fatto venire l'infarto a un bue tibetano. 
"Cosa posso fare per voi, dolcezza?"
"Voglio che troviate qualcuno per mio conto."
"Una persona smarrita? Avete chiesto alla Polizia?"
"Non esattamente, Mr Lupowitz."
"Chiamatemi Kaiser, dolcezza. Va bene, allora chi è il tizio?"
"Dio."
"Dio?"
"Proprio così, Dio. Il Creatore Fondamentale, la Causa Prima di tutte le cose, l'Onnipresente. Voglio che lo troviate per me."
Ne avevo viste di matte da legare in quell'ufficio, ma quando una è fatta così non ti resta che ascoltare.
"Perché?"
"Questi sono affari miei, Kaiser. Voi dovete solo trovarLo."
"Spiacente, dolcezza, siete venuta dalla persona sbagliata."
"Ma perché?"
"A meno che non sappia tutti i fatti..." dissi, e accennai ad alzarmi.
"OK, OK," disse lei mordendosi il labbro. Si raddrizzò la cucitura delle calze, strettamente a mio beneficio, ma per il momento io non abboccavo.
"Mettiamola giù com'è, dolcezza."
"Bene, la verità è che non sono davvero una modella per nudi."
"No?"
"No. Neppure il mio nome è Heather Butkiss. Mi chiamo Claire Rosensweig e sono studentessa di filosofia, storia del pensiero occidentale e tutto il resto, al Vassar. Ho un esame scritto, a gennaio, sulla religione occidentale. Tutti gli altri ragazzi del corso si daranno a prove scritte di carattere speculativo, ma io voglio conoscere. Il professor Grebanier ha affermato che se qualcuno tira fuori qualche cosa di veramente sicuro, può considerarsi bell'e promosso. E mio padre mi ha promesso una Mercedes se ottengo i voti massimi."
Aprii un pacchetto di Lucky Strike ed uno di gomma da masticare e prelevai da entrambi. La storia cominciava ad interessarmi. Piccola snob, con un alto coefficiente d'intelligenza ed un corpo che avrei voluto conoscere meglio.
"Com'è fatto Dio?"
"Non l'ho mai visto."
"Bene, come sapete che esiste?"
"E' affare vostro scoprirlo."
"Oh, magnifico. Allora non sapete che aspetto abbia? O dove cominciare a cercarlo?"
"No davvero, malgrado sospetti che sia dovunque. Nell'aria, in ogni fiore, in voi, in me ed in questa sedia."
"Oh, oh!" così era panteista. Presi nota mentalmente della cosa e dissi che avrei fatto un tentativo sul suo caso, per cento dollari al giorno, spese e cenetta a due incluse. Ella sorrise ed approvò la proposta. Scendemmo insieme in ascensore. Fuori si stava facendo buio. Forse Dio esisteva e forse no, ma da qualche parte in quella città vi erano certamente un sacco di individui che avrebbero tentato di impedirmi di scoprire ciò che mi proponevo.
Feci la mia prima puntata dal Rabbino Itzhak Wiseman, un ecclesiastico locale che doveva rendermi un favore perché avevo scoperto chi strofinava carne di maiale sul suo cappello. Quando parlai con lui mi accorsi che qualcosa non andava perché era spaventato. Veramente spaventato.
"Naturalmente c'è tu-sai-chi, ma non mi è neppure concesso di pronunciare il Suo nome altrimenti Egli mi fulminerà, anche se non riuscirò mai a capire come possa uno diventare così permaloso quando viene detto il suo nome."
"Tu l'hai mai visto?"
"Io? Stai scherzando? Sono fortunato se riuscirò a vedere i miei nipoti."
"Allora, come sai che Egli esiste?"
"Come lo so? Che razza di domanda è questa? Come credi che abbia potuto acquistare un vestito come questo per soli quattordici dollari se non ci fosse nessuno lassù? Senti che qualità di gabardine, come puoi dubitare?"
"Non hai altro argomento da aggiungere?"
"Ehi, cos'è allora il Vecchio Testamento? Cacca? Come credi che Mosè abbia potuto condurre gli Ebrei fuori dall'Egitto? Chiamando Mandrake? Credimi, non si può dividere il Mar Rosso con un frullino. Ci vuole potenza."
"Allora, è un tipo duro, eh?"
"Sì, molto duro. Si potrebbe pensare che tutto quel successo avrebbe dovuto renderlo più malleabile."
"Com'è che sai tutte queste cose?"
"Perché noi siamo il popolo eletto. Egli, fra tutti i suoi figli, dedica a noi le cure migliori, cosa che un giorno mi piacerebbe discutere con Lui."
"Quanto lo avete pagato perché Lui vi scegliesse?"
"Lascia perdere."
I fatti andarono così. Gli Ebrei furono per un pezzo nella manica di Dio. E' la vecchia faccenda del racket protezionistico: prendersi cura di loro ad un certo prezzo. E dal modo in cui il Rabbino Wiseman parlava, il conto era stato piuttosto salato. Saltai su un taxi e mi recai alla sala da biliardo di Danny, nella Tenth Avenue. Il direttore del locale era un ometto viscido che non mi piaceva.
"Chicago Phil è qui?"
"Chi lo vuole?"
Lo afferrai per il bavero stringendogli contemporaneamente un pezzo di pelle.
"Allora, l'impiastro?"
"Sta nel retro." disse cambiando atteggiamento.
Chicago Phil: falsario, pistola a ore, malvisto dai cassieri di banca e dichiaratamente ateo.
"Il tipo in questione non è mai esistito, Kaiser. E' l'oppio dei popoli. E' una grossa turlupinatura. Non esiste alcun Mr Big. E' un Sindacato, un Sindacato per di più siciliano. E' internazionale, ma non vi è un capo effettivo ad eccezione forse del Papa."
"Voglio incontrare il Papa."
"Si può vedere di combinare." disse strizzando l'occhio.
"Ti dice niente il nome di Claire Rosensweig?"
"No."
"Heather Butkiss?"
"Oh, aspetta un momento. Sicuro. E' quella femmina ossigenata con due tette che levati, e che viene dal Radcliffe."
"Radcliffe? Lei mi ha detto Vassar."
"Bene, ha mentito. E' un'insegante del Radcliffe e per un certo tempo è stata insieme ad un filosofo."
"Panteista?"
"No, empirista logico, se ricordo bene. Un pessimo soggetto che rifiutava sistematicamente Hegel e qualsiasi metodologia dialettica."
"Uno di quelli?"
"Già. Faceva il batterista in un trio di jazz, poi si diede al Positivismo Logico. Quando non lavorava si dilettava di Pragmatismo. L'ultima cosa che ho sentito dire sul suo conto è che rubò un sacco di soldi per frequentare un corso su Schopenhauer alla Columbia University. La mafia sarebbe ben lieta di scovarlo, o di mettere le mani sui suoi libri di testo per poterli rivendere."
"Grazie, Phil."
"Ma ti pare, Kaiser. Non c'è nessuno lassù, c'è il nulla. Non potrei superare tutte queste brutte prove o fregare la società come faccio se per un secondo intravedessi qualche senso autentico dell'Essere. L'universo è strettamente fenomenologico. Niente è eterno. E' tutto un'assenza di significato."
"Chi vince domani al trotto?"
"Santa Baby."
Mi bevvi una birra da O'Rourke e tentai di ricapitolare il tutto senza però riuscire a trovare un nesso. Socrate era un suicida, o così dissero di lui. Cristo fu ucciso. Nietzsche diede i numeri. Se lassù c'è veramente qualcuno, è sicuro come l'oro che Lui non vuole che lo si sappia. E perché Claire Rosensweig ha mentito riguarda al Vassar? Potrebbe aver ragione Cartesio? L'universo è dualistico? Oppure Kant ha preso una cantonata quando postulò l'esistenza di Dio sul piano morale?
Quella sera andai a cena con Claire. Dopo dieci minuti avevo pagato il conto ed eravamo tra le lenzuola. E, ragazzi, tenetevi pure il vostro Pensiero Occidentale. Ella esordì in quel genere di ginnastica che le avrebbe fatto vincere il primo premio ai giochi olimpici di Tia Juana. Dopo di che, ella giacque sul cuscino accanto a me con i lunghi capelli biondi sparsi. I nostri corpi nudi erano ancora avvinti. Io stavo fumando e guardavo fisso il soffitto.
"Claire, e se Kierkegaard avesse ragione?"
"Che cosa vuoi dire?"
"Non si può mai realmente sapere, ma soltanto avere fede."
"Questo è assurdo."
"Non essere così razionale."
"Nessuno fa il razionale, Kaiser." Essa si accese una sigaretta. "Solo non diventiamo ontologici. Non adesso, non potrei sopportare che tu fossi ontologico con me."
Si era inquietata. Io mi chinai su di lei e la baciai; suonò il telefono e lei rispose.
"E' per te."
La voce all'altro capo del filo era quella del sergente Reed della Squadra Omicidi.
"Stai ancora cercando Dio?"
"Già."
"Un Essere onnipotente, L'Unico, Creatore dell'Universo, Principio Primo di tutte le cose?"
"Proprio Lui."
"Qualcuno che risponde a questa descrizione è stato appena portato all'obitorio. Faresti bene a fare subito un salto qui."
Era Lui, è vero, e da come L'avevano conciato sembrava un lavoro da professionisti.
"Era morto, quando L'hanno portato dentro."
"Dove L'avete trovato?"
"In un magazzino di Delancey Street."
"Nessun indizio?"
"E' il lavoro di un esistenzialista. Siamo sicuri di questo."
"Come fai a dirlo?"
"Perché era un lavoro da principiante. Non sembra che sia stato seguito alcun sistema. Solo un impulso."
"Un delitto passionale?"
"Ben detto, Kaiser. Il che significa che sei un indiziato, Kaiser."
"Perché io?"
"Tutti al Quartier Generale sanno quello che provi per Jaspers."
"Questo non fa di me un assassino."
"Non ancora, ma sei indiziato."
Fuori in strada respirai a pieni polmoni e cercai di schiarirmi la mente. Presi un taxi e andai fino a Newark, quindi scesi e camminai per un isolato fino al Ristorante Italiano Giordino. Là, a un tavolo nascosto, stava Sua Santità. Era il Papa, certo. Seduto con due tipi che avevo visto una mezza dozzina di volte sulle pedane dei confronti, alla polizia.
"Siediti," disse guardandomi al di sopra delle sue fettuccine. Mi porse la mano con l'anello. Feci il mio più ampio sorriso, ma non la baciai. Si seccò e ne fui contento. Un punto per me.
"Gradisci delle fettuccine?"
"No grazie, Santy. Ma voi fate pure."
"Niente? Neppure un'insalata?"
"Ho appena mangiato."
"Come vuoi, ma qui preparano un magnifico condimento al Roquefort. Non come al Vaticano dove non è possibile pranzare decentemente."
"Vengo subito al nocciolo, Ponty. Sto cercando Dio."
"Capiti con la persona giusta."
"Allora, esiste?" Tutti quanti trovarono la cosa molto divertente e risero. Il ceffo accanto a me disse: "Oh, questa è bella. Il nostro sapientone vuole sapere se Egli esiste."
Spostai la sedia per mettermi comodo appoggiando una gamba sul suo mignolo. "Scusate." Stava fumando dalle orecchie.
"Sicuro che esiste, Lupowitz, ma io sono il solo che comunica con Lui. Quello che dico io va bene."
"Perché proprio voi, amico?"
"Perché ho la veste rossa."
"Quest'abito?"
"Non disprezzarlo. Tutte le mattine mi alzo, indosso questa veste rossa e, d'improvviso, mi sento un papa. Sta tutto nella veste. Mi vedi andare in giro in pantaloni e giacca sportiva?"
"Allora è tutto fumo. Non c'è Dio."
"Non so. Ma fa differenza? Sono i verdoni che contano."
"Non avete mai pensato che se la lavanderia non vi restituisse in tempo la veste rossa, voi sareste un uomo come tutti gli altri?"
"C'è il servizio speciale di giornata, piccolo. Vale la pena di spendere qualche cent in più per essere coperto."
"Il nome di Claire Rosensweig vi dice nulla?"
"Sicuro, sta al dipartimento di fisica della Northwestern."
"Fisica, avete detto? Grazie."
"Di che?"
"Della risposta, Ponty." Presi al volo un taxi e mi diressi verso il George Washington Bridge; sulla strada mi fermai in ufficio e feci qualche rapido controllo. Dirigendomi verso l'appartamento di Claire misi insieme i pezzi del mosaico e, per la prima volta, essi combaciarono. Quando giunsi la trovai che indossava un négligé che era tutto una trasparenza e sembrava che qualcosa la turbasse.
"Dio è morto," disse. "E' stata qui la polizia e cercavano te. Pensano che sia stato un esistenzialista."
"No, dolcezza, sei stata tu!"
"Cosa? Stai scherzando, Kaiser."
"Sei stata tu!"
"Che vai dicendo?"
"Tu, bambina! Non Heather Butkiss, né Claire Rosensweig, ma la dottoressa Ellen Shepherd."
"Come sai il mio nome?"
"Professoressa di fisica presso la Northwestern. La persona più giovane che abbia mai diretto un dipartimento. Alla festa di metà inverno ti sei presa una cotta per un musicista di jazz che sta nella filosofia sino al collo. Lui è sposato, ma questo non ti ha fermata. Un paio di notti a nanna e ti è sembrato amore. Ma la faccenda non ha funzionato perché qualcosa si è intromesso fra voi: Dio. Vedi dolcezza, lui crede o vuole credere, ma tu, con la tua schifosa piccola mente scientifica, dovevi avere la certezza assoluta."
"No, Kaiser, te lo giuro."
"Così tu hai finto di studiare filosofia perché questo ti dava l'opportunità di eliminare certi ostacoli. Ti sei liberata di Socrate abbastanza facilmente, ma Descartes ha preso il sopravvento, così hai usato Spinoza per liberarti di Descartes, ma quando hai visto che Kant non ci stava ti sei dovuta liberare anche di lui."
"Tu non sai quello che dici."
"Hai fatto polpette di Leibniz, ma questo non ti è bastato perché sapevi che se nessuno avesse creduto a Pascal saresti morta, così anche lui ha dovuto essere eliminato. Ma qui hai commesso il tuo primo errore perché ti sei fidata di Martin Buber. Solo che lui era un pappamolla, bambola, lui credeva in Dio. Così è di Dio che hai dovuto disfarti."
"Kaiser, tu sei matto!"
"No, bambina. Ti sei fatta passare per panteista e ciò ti avrebbe messa in contatto con Lui, se esisteva - ed esisteva. Egli è venuto con te al party da Shelby e, mentre Jason non guardava, tu L'hai ucciso."
"Chi diavolo sono Shelby e Jason?"
"Che importa? La vita è una cosa assurda in ogni caso."
"Kaiser," ella disse tremando improvvisamente, "non vorrai denunciarmi..."
"Oh, sì bambina. Quando l'Essere Supremo viene fatto fuori qualcuno deve pagare il dazio."
"Oh, Kaiser, possiamo andarcene insieme, proprio noi due. Possiamo scordarci della filosofia, vivere in pace... Possiamo darci alla semantica..."
"Mi dispiace, dolcezza, il dado è tratto."
Ella era completamente in lacrime ora e stava abbassando le spalline del négligé, cosicché mi trovai improvvisamente lì con una Venere nuda, il cui corpo sembrava dire: prendimi, sono tua. Una Venere che con la mano destra mi frugava tra i capelli, mentre con l'altra aveva afferrato una calibro quarantacinque e me la puntava dietro la schiena. Lasciai partire un colpo della mia calibro trentotto prima che potesse premere il grilletto. Ella lasciò cadere la sua arma e mi fissò con un mare di incredulità negli occhi.
"Come hai potuto, Kaiser?"
Stava andandosene nel nulla, dovevo far presto: "Pupa, la manifestazione dell'universo come idea complessa in sé, in quanto opposta all'essere dentro o fuori la vera Essenza di sé come Se stesso è, intrinsecamente, il nulla, o Nulla, ovvero l'Assenza in rapporto a qualsivoglia forma astratta di esistenza o di esistere o di essere esistito in eterno, non soggetto a leggi fisiche o di moto o a idee relative all'antimateria, oppure alla mancanza di Essenza oggettiva o di alibiquità soggettiva."
Forse era troppo sottile, ma penso che abbia capito, mentre moriva.

(Woody Allen, Saperla lunga. Bompiani, 1992)





mercoledì 30 aprile 2014

La Buona Annata's Literary Supplement: Il misterioso Lucks e i suoi dollari perduti

Ci sono parecchi modi per fare un milione di dollari: far la raccolta dei bollini Eagle per cinquant'anni, rapinare una banca, sposare una milionaria, o trovare un metodo infallibile per vincere ai cavalli. Ce n'è un sacco, di modi.
Poi, c'era il modo usato da Allen M. Lucks. Detto in parole semplici, funzionava più o meno così:
Uno schianto di ragazza, dai capelli rossi e le gambe lunghe, accompagnata da una bruna più piccola, ma non meno strepitosa, si dirigeva, per esempio, verso la porta di una suite dell'elegantissimo Hotel George V di Parigi. Sistemandosi la costosa acconciatura con qualche colpetto ozioso, la rossa suonava il campanello.
Se qualche esperto della vita notturna parigina si fosse trovato a passare per il corridoio in quel momento, si sarebbe forse chiesto come mai due delle più note ballerine delle Folies Bergère potessero essere senza cavaliere all'inizio di una serata, e perché suonassero alla porta della suite. Ma l'esperto in questione sarebbe rimasto addirittura a bocca aperta se avesse visto il tipo tracagnotto, vestito in modo sgargiante, leggermente pelato, e con un sovrappiù nel settore pancia, che apriva la porta. L'uomo sembrava piacevolmente sorpreso: "Sì?"
"Ci ha mandato Monsieur Lucks," rispondeva la rossa, sorridendo con grazia. "Ci ha detto di dirle che siamo a sua disposizione per tutto il tempo che resterà a Parigi, Monsieur."
Gli occhi del grasso ometto si accendevano. Si ricordava di Lucks. Era il tipo che a cena, la sera prima, aveva detto di essere l'intermediario di certe persone che vendevano residuati bellici. Il grassone aveva sorriso rivolgendosi a Lucks, era il suo mestiere, comprare residuati bellici. E Parigi, nel giugno del '52, abbondava di prestigiatori desiderosi di disfarsi di forniture militari.
Adesso quella sorpresa. Guardava le ragazze con crescente riconoscenza, mentre gli tornavano alla mente le parole di Lucks.
"Domani sera alle sette," aveva detto Lucks, "due ragazze busseranno alla sua porta. Le faccia entrare. Non faccia domande, non dia denaro, si diverta e dica loro quando ripresentarsi."
Così, mentre il grasso ometto faceva entrare le ragazze, metteva il catenaccio, e si preparava per una nottata di vive la France, prendeva nota mentalmente che doveva mettersi in contatto con Lucks, subito il giorno dopo, per ringraziarlo. Bisogna fare affari per forza con uno che ti fa una cosa così carina. 
E questo, caro lettore, è il sistema con cui il misterioso Allen Lucks è riuscito a tirar su diverse centinaia di milioni di dollari per sé e per i suoi clienti... milioni che nessuno riesce più a trovare!
Il 27 novembre '55 è stata una data importante per il cinquantatreenne scapolo Al Lucks. In quella data, infatti, è morto. E tutti i suoi parenti stanno tuttora piangendo a calde, nere lacrime. Non si può dire quanto si siano dispiaciuti nel vedere il buon vecchio Al che se ne andava, ma stai certo che lanciano gemiti autentici per il fatto che l'immensa, incalcolabile fortuna guadagnata da Lucks non salta fuori da nessuna parte.
Perché Allen Lucks è morto misteriosamente come ha vissuto: una personalità internazionale che si dava del tu con i più influenti imbroglioni e i migliori faccendieri del mondo. E' morto in modo così misterioso che, in effetti, dal 27 novembre fino al 2 marzo di quest'anno, non è circolata la minima allusione, neppure al semplice fatto che fosse morto!
Ora è cominciata la grande mischia. Le fortune di Lucks non saltano fuori. Dove sono? E' quello che i parenti del defunto vorrebbero tanto sapere. Sospettano che il denaro sia sparso per tre continenti, sotto nomi falsi in numerose banche, e in cassette di sicurezza tanto numerose da non poterle neppure citare. Al Lucks non si fidava di nessuno. Titoli e obbligazioni gli facevano paura, e nutriva invece la più ardente ammirazione per l'autentico sacrario personale che una cassetta di sicurezza sa offrire.
Parte del denaro è in una banca svizzera, ed essendo le banche svizzere notoriamente restie a rilasciare informazioni, ci vorranno forse anni di mercanteggiamenti prima di riportare alla luce, di quel denaro, anche una sola monetina.
In questo momento, un uomo di vaste relazioni europee nativo della rinomata Scranton in Pennsylvania, l'avvocato Jerome Myers, sta percorrendo freneticamente e in tutta fretta le capitali europee, nel tentativo di localizzare una fortuna così estesa che nessuno si dice in grado di stimarne la grandezza. Non che sia strano, un fine carriera del genere, per il playboy del mistero Al Lucks. In qualche modo, gli si addice. E' lo stesso stile in cui visse: scarsa notorietà, molto denaro, e una tale carovana di belle donne che qualunque sceicco si metterebbe a strillare per averla!
Cosa? Dite che non avete mai sentito parlare del multimilionario Lucks? Chiedete cosa c'è di tanto importante in questa storia, e il perché di tutto questo interesse? Volete sapere chi era, e da dove è arrivata tutta questa grana che nessuno trova? D'accordo, state a sentire cosa faccio: vi racconto tutta la storia di Lucks "Dollari facili" da cima a fondo, e con un finale che vi lascerà stecchiti.
Almeno dovrebbe. E' il finale che ha ucciso Al Lucks!

Lucks fece la sua entrata sul palcoscenico del mondo allo stesso modo di Abramo Lincoln: di poveri ma onesti genitori. Comunque, al nostro giovane Al non gli ci volle molto per accorgersi che, se una cosa andava bene per il signor Lincoln, non è detto che, necessariamente, dovesse andar bene per il figlioletto di Mamma Lucks.
Nel 1903 i Lucks, una famiglia di mercanti originaria di Hazelton, rozza cittadina mineraria della Pennsylvania, gioirono alla nascita del loro figliolo. La loro gioia si accrebbe nel '23 quando Al si laureò alla Syracuse University. Quando poi ottenne la specializzazione in Legge alla Facoltà di Giurisprudenza di Georgetown nel '26, con l'invidiabile curriculum di uno studente superlativo, la sua famiglia seppe di avere in casa un vero mensche, un grand'uomo. Oh, Al era sveglio, sicuro.
Fece per un po' il praticante a Washington, collezionando rimarchevoli insuccessi. Alla fine tornò a Scranton e cominciò a guardarsi attorno per trovare del lavoro. Sembrò quindi provvidenziale che Al si imbattesse nella più grossa fonte di profitto a cui si potesse attingere, in ambito legale, a quei tempi. In quel periodo, alla fine degli Anni Venti, c'era parecchio contrabbando di liquori nelle regioni minerarie ed era abbastanza logico che un bel po' di contrabbandieri avessero bisogno del leguleio, quando il lungo braccio della legge li convocava rabbiosamente in tribunale.
In breve Al Lucks divenne molto noto nell'ufficio del Giudice Federale Albert M. Johnson (che fu allontanato dall'incarico di magistrato nel '46, sotto la minaccia d'incriminazione, dalla Camera dei Deputati).
Al Lucks si era fatto improvvisamente ricco. In brevissimo tempo, era diventato per tutti l'uomo da vedere se avevi bisogno in fretta di una via d'uscita.

Poi, nel '43, l'odore di tutti quei soldi disponibili guidò Lucks verso più verdi pascoli... a Washington, dove raggiunse, nella nobile impresa di ungere la gente giusta, livelli ineguagliati perfino negli spiacevoli annali della capitale. Per i pezzi grossi che se le meritavano, Lucks organizzava in un batter d'occhi stupende festicciole a base di donnine, che gli fruttavano grosse informazioni su grosse vendite, che a loro volta si trasformavano in grossi contratti con grossi guadagni per Lucks.
Lucks fu tra i primi a trarre profitto dai residuati bellici della seconda guerra mondiale, superando in scaltrezza alcuni dei più scaltri specialisti in dollari facili della nazione. E quei profitti della prima ora erano così grandi, così evidenti, che Lucks si affrettò a trasferirsi dall'altra parte dell'oceano, a Parigi, dove operava dal George V, pur mantenendo una suite per tutto l'anno a Francoforte in Germania, sede del Quartier Generale delle Forze Armate americane in Europa.
Usando la stessa naturale astuzia che lo aveva fatto diventare un pezzo da novanta nel racket del contrabbando, Lucks in breve riuscì a fungere da intermediario in dozzine di transazioni da molti milioni di dollari, senza mai rischiare i suoi soldi, e mietendo invece profitti fantastici per il solo fatto che sapeva chi chiamare e quando. Cominciò a concedersi un alto tenore di vita, sull'aria dei centomila dollari l'anno, tanto per gradire. I soldi che guadagnava in più erano profitti netti e puliti, messi via al sicuro.
Comprava e usava tutto, dalle donne alle raccomandazioni più influenti. In particolare, le donne. Lucks aveva occhio per le bambole. Ma non è tutto. Aveva buoni occhi, e anche un bel paio di binocoli, se mai qualcosa potesse sfuggirgli.
Le sole fotografie disponibili del misterioso Lucks, il quale riteneva giustamente che il miglior modo di sottrarsi alle commissioni d'indagine fosse di eludere i riflettori della notorietà, sono quelle che fece con le sue compagnie femminili, che furono davvero tante.
Una delle tante era Diane "Golden Girl" Harris, una giovane deliziosa con un penchant per le banconote, e per correre lungo i corridoi degli alberghi sans vestiti. Pare che Lucks dicesse di lei:
"Non ho mai visto una signora più squisita di Diane. Se non si può dire nulla di carino di una signora, si sta zitti. Diane è una vera signora. Quanto a tutto il resto che si dice di lei, non ci credo."
Il che è un simpatico saggio della filosofia di uno che, nel '54, stava per essere citato in una causa per il riconoscimento di paternità. L'ex ballerina di fila Harriette Levi concluse la sua vicenda con un succoso accordo extragiudiziale, dopo che Lucks ebbe ammesso di essere il padre, e sparì insieme al figlio di dieci anni.
Le donne andavano e venivano come brezze autunnali, un flusso senza fine di fanciulle di liberi costumi, che entrava e usciva dalla leggendaria suite del nostro Lucks "Dollari facili", al George V.

Al culmine della sua favolosa carriera, Lucks frequentava per i suoi affari noti cacciatori di dote come il miglior faccendiere di Washington, John Marangon, o l'ex galeotto inglese George Dawson, che fece più di cento milioni di dollari in un affare in cui vendette ai generali dell'esercito americano quattordicimila dei loro stessi camion, e perfino l'ex senatore Kenneth McKellar, grosso personaggio dell'indegno giro dei Crump del Tennessee.
Tutta questa gente, e anche altri, dai commercianti di ciarpame fino ai membri del governo, erano intimi di Lucks e del suo delizioso entourage.Erano tutti pronti a ballare quando tirava i fili. Perché anche loro guadagnavano delle autentiche fortune, mentre Lucks faceva carriera.
Attorno al '50, Al Lucks operava quasi a tempo pieno a Parigi, e mostrava una grande riluttanza a tornare negli Stati Uniti. Probabilmente perché nel suo Paese c'era ormai una dozzina di persone che lo aspettavano, o per fargli causa o per fargli la pelle.
A quell'epoca, giravano voci che Lucks avesse fatto un colpo fantastico in Argentina. Queste voci parlavano di un'immensa fornitura di parti di automobili, poi assemblate in Canada e vendute al governo argentino, e i profitti divisi fra Lucks, il dittatore Juan Peron, e il ministro argentino per l'Economia.
Il bello di tutta la transazione consisteva nel fatto che le famose parti non erano mai state consegnate!
Poi venne il '51, una cattiva annata per Lucks. I giornali cominciarono a pubblicare storie su di lui. La prima cosa storta fu il ricorso alla Suprema Corte di New York da parte di Alvin Reiss della Lehigh Trading Co. Reiss sosteneva di aver acquistato dei camion, residuati bellici, per un milionecentoventimilasettecentosessanta dollari e di averli mandati via nave a Lucks in Europa, con una commissione pattuita del 15 %, che non gli era mai stata pagata. Il caso si trascinava all'infinito senza risolversi, perché Lucks era troppo timido per ritornare nel Paese della Libertà.
Quando in effetti ci tornava, i suoi viaggi erano sporadici e protetti dal massimo riserbo.
Scendeva all'Essex House di New York o al Mayflower di Washington, trattava in fretta gli affari, faceva un salto dai suoi a Scranton, ed era di ritorno in Europa prima ancora che qualcuno, in America, potesse accorgersi che era stato da quelle parti.

Ma, da allora, la stella di Lucks cominciò a declinare. Prima il ricorso di Reiss, poi le accuse di altre agenzie americane e le indagini per il processo Jelke, in cui il nome di Lucks comparve con grande evidenza. Infine, la causa che rischiò con Harriette Levi.
Come se non avesse abbastanza problemi da affrontare, Lucks veniva ricattato da varie parti e per motivi differenti. Le cose cominciavano a mettersi male. Le sue sostanze diminuivano. Continuava a vivere al ritmo dei soliti centomila dollari l'anno, a trattare al meglio le sue donnine, e a mantenere le sue suite esclusive.
Ma, per Allen Lucks, era il principio della fine.
La sera del 25 novembre '55, ma tardi, molto tardi, il centralino delle camere, al George V, cominciò a suonare in modo allarmante. L'operatrice mise le cuffie e udì la voce convulsa di una ragazza dalla suite di Lucks. Gemendo, diceva: "Monsieur Lucks è... morto!"
Non era propriamente vero, ma quando corsero di sopra, trovarono che Al Lucks aveva avuto un colpo, ed era sulla buona strada per lasciarci. Fu portato di corsa alla French Clinic di Parigi e, due giorni dopo, morì. Il referto medico stabilì che la morte era dovuta a emorragia cerebrale, a causa di uno sforzo eccessivo. Le due ragazze che erano state trovate nella sua suite furono riportate sulla strada, dove rapidamente scomparvero, accompagnate dalle riverenti, lunghe occhiate della polizia.
Subito dopo ebbe inizio il gioco folle dei "dollari, dollari, ma chi ce li ha, i dollari di Lucks?"
La mischia era cominciata, e nel trambusto che ne seguì, tutta la sporca storia del Lucks faccendiere, mediatore, losco trafficante da entrambe le parti della cortina di ferro, venne a galla.
Dove riposi in pace il suo denaro, quanto ne abbia nascosto, sono tutti misteri... altri misteri che circondano la figura di un uomo che, per anni, ha circondato la sua vita di un'assoluta segretezza.
E nondimeno, tutti i segreti affari di Al Lucks sbiadiscono e divengono insignificanti al confronto con la sua ultima, attuale transazione. Per quanti soldi possa avere nascosti, nelle casseforti di tutte le banche d'Europa, quella che Al sta conducendo è la sua più grossa trattativa d'affari.
Sta trattando una nuova concessione, Lucks, la concessione dell'Eternità, per comprarsi un'entrata in Paradiso! Potete dare le vostre scommesse a Pietro, il custode delle entrate.
Ma le quote sono Infernali!

(L'età d'oro del crimine. A cura di Marc Gerald. Anabasi, 1993)