Le riprese del film [Sorcerer di William Friedkin] ebbero inizio a Parigi nell'aprile 1976. Per le location in America Latina Friedkin si diresse con Walon Green alla volta dell'Ecuador, dove trovò l'ambientazione ideale per la storia. Sulle Ande scoprì il posto dove costruire il pozzo petrolifero di Poza Rica, e nella cittadina di Puerto Bolivar, di proprietà della Texaco, quella che senza ulteriori modifiche avrebbe potuto essere la Porvenir del film. Purtroppo, il paese si trovava in uno dei suoi tanti periodi d'instabilità politica, il rischio di attentati terroristici era alto e la Universal si rifiutò di finanziare la pellicola a queste condizioni. Con l'intervento di Bludhorn, proprietario di piantagioni nella Repubblica Dominicana, divenne gioco forza spostarsi nella zona. Gli interessi della Gulf & Western sul posto erano tali che, sostiene Friedkin, "il Presidente della Repubblica stava sul loro libro paga", e la produzione avrebbe potuto contare su tutto l'aiuto di cui avesse avuto bisogno. I problemi, per il regista, anche produttore del film, iniziarono quando bisognò trovare il fiume adatto per la scena in cui Lazaro e Sorcerer, i due camion col carico di nitroglicerina, attraversano un ponte di legno nel bel mezzo di una tempesta. Si fecero ricerche per trovare un fiume impetuoso, di grande portata, su cui costruire la complessa armatura del ponte sostenuto e "mosso" da congegni idraulici: La scelta cadde su un corso d'acqua che in centocinquant'anni non era mai sceso al di sotto dei tre metri di profondità. Il ponte venne costruito, e un'improvvisa, anomala siccità investì il paese riducendo il fiume ad un rigagnolo. La stessa cosa avvenne con la seconda scelta, un luogo nella foresta pluviale del Messico del Sud, il budget crebbe spaventosamente (la costruzione del ponte costò un milione di dollari) e il risultato finale, per quanto straordinario, dovette essere ottenuto con l'aiuto di pompe, elicotteri, indios che buttavano detriti nel corso d'acqua per simulare la tempesta: il perfezionista Friedkin non ne rimase soddisfatto. Metà della troupe si ammalò di malaria (una sorte che toccò allo stesso regista), molti abbandonarono un set in cui l'atmosfera era tesa e, a metà lavorazione, il direttore della fotografia John M. Stephens venne sostituito da Dick Bush. Lo stesso Friedkin ammette di essere stato, all'epoca, viziato dal successo e "molto arrogante". Certo è che Il salario della paura rafforzò ulteriormente la sua reputazione di regista difficile. Dove la fortuna e il suo proverbiale fiuto per la musica invece lo assistettero, è nella scelta dei musicisti a cui affidare la colonna sonora. Durante il tour promozionale de L'esorcista in Germania, William Friedkin era venuto a sapere di un concerto tenuto in una chiesa sconsacrata nella Foresta Nera, a mezzanotte, da tre giovani musicisti. Rimasto grandemente impressionato dalla qualità delle improvvisazioni dei Tangerine Dream (questo il nome del gruppo), che si esibivano al buio in una chiesa totalmente immersa nell'oscurità, inviò loro il copione, con delle note sulla storia e sulle atmosfere del film, commissionandogli la prima colonna sonora della loro carriera. Il risultato fu l'invio di una serie di nastri che raggiunsero Friedkin sul set, dove, nonostante le difficoltà logistiche, riuscì ad ascoltarli. Con un lavoro di riadattamento durato alcuni mesi, ne trasse una delle colonne sonore più suggestive, sperimentali e inquietanti che si siano sentite in un film almeno dichiaratamente mainstream.
(Daniela Catelli. Friedkin. Il brivido dell'ambiguità. Transeuropa, 1997)
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