martedì 11 novembre 2014

La Buona Annata's Literary Supplement: Genesi e catastrofe (storia vera)

"Tutto è normale," stava dicendo il dottore. "Basta che stia sdraiata e tranquilla." La sua voce si perdeva nello spazio, era come se parlasse a voce altissima. "Ha un figlio."
"Cosa?"
"Le è nato un bel bambino. Mi capisce? Un bel bambino. Non l'ha sentito gridare?"
"E' tutto a posto, dottore, sta bene?"
"E' sanissimo, naturalmente."
"Me lo faccia vedere."
"Lo vedrà fra un momento."
"E' proprio sicuro che stia bene?"
"Assolutamente."
"Piange ancora?"
"Ora cerchi di riposare. Non c'è assolutamente nulla di cui preoccuparsi."
"Perché ha smesso di piangere, dottore? Cos'è successo?"
"Non si agiti, per favore. Tutto è normale."
"Voglio vederlo. Me lo faccia vedere, per favore."
"Cara signora," disse il dottore, "lei ha avuto un bel bambino, sano e forte. Non mi crede?"
"Che cosa sta facendogli quella donna?"
"Lo sta preparando, lo sta mettendo in ordine per lei. Lo stiamo lavando, ecco tutto, e lei ci deve pur concedere un minuto di tempo."
"Mi giura che sta bene?"
"Glielo giuro. Ora rimanga sdraiata, su riposi. Chiuda gli occhi, su, chiuda gli occhi. Così va bene. Brava figliola..."
"Ho pregato e pregato perché viva, dottore."
"Ma certo che vivrà. Che diavolo dice!"
"Gli altri no, dottore."
"Che cosa?"
"Nessuno degli altri miei figli è vissuto, dottore."
Il medico rimase in piedi accanto al letto, osservando la faccia pallida e sfinita della giovane donna. Non l'aveva mai vista prima, era arrivata col marito da poco in quella città. La moglie dell'albergatore, che era salita per assistere la partoriente, gli aveva detto che il marito lavorava alla locale dogana di confine e che i due erano capitati lì improvvisamente, con un baule ed una valigia, circa tre mesi prima. Il marito era un ubriacone, aveva detto la locandiera, arrogante, prepotente, borioso, ma la giovane donna era gentile e pia. E molto triste; non sorrideva mai: da quando era lì, l'albergatrice non l'aveva vista sorridere neppure una volta. Si diceva anche che quello fosse il terzo matrimonio dell'uomo, che la prima moglie fosse morta e la seconda avesse divorziato per ragioni ignote. Ma erano solo voci.
Il dottore si chinò e sistemò meglio il lenzuolo sul petto della paziente. "Non si deve preoccupare, per nulla," disse con dolcezza. "Questo bambino è perfettamente normale."
"E' proprio quello che mi hanno detto anche per gli altri, eppure li ho perduti tutti, dottore. Negli ultimi diciotto mesi ho perso tutti e tre i miei bambini, non se la prenda se sono così ansiosa."
"Tre?"
"Questo è il mio quarto figlio... in quattro anni."
Il dottore si mise a stropicciare i piedi sul pavimento, a disagio.
"Lei non sa cosa significa, dottore, perderli tutti, tutti e tre, lentamente, separatamente, uno per uno. Continuo a vederli: vedo il sorriso di Gustav come se fosse qui nel letto, accanto a me. Gustav era un bellissimo bambino, dottore, ma era sempre malato. E' terribile: sono ammalati e non c'è niente da fare per aiutarli."
"Lo so."
La donna aprì gli occhi, guardò per un momento il medico e subito richiuse gli occhi.
"La piccola si chiamava Ida: è morta pochi giorni prima di Natale, quattro mesi fa. Mi piacerebbe tanto che lei avesse potuto vederla, dottore."
"Adesso ha un altro bambino."
"Ma Ida era così bella!"
"Sì," disse il dottore. "Lo so."
"Come può saperlo, lei?" gridò la donna.
"Sono sicuro che era una bella bambina, ma anche questo che è appena nato è bellissimo." Il dottore si allontanò dal letto, si avvicinò alla finestra e rimase lì, a guardare fuori. Era un pomeriggio piovoso e grigio, di aprile: al di là della strada si scorgevano i tetti rossi delle case e le grosse gocce di pioggia che s'infrangevano sui tegoli. 
"Ida aveva due anni, dottore, e... ed era così bella che non riuscivo mai a staccare gli occhi da lei, da quando la vestivo al mattino fino a quando non la vedevo al sicuro nel suo letto, alla sera. Vivevo nel terrore che le accadesse qualcosa. Gustav era morto, anche il mio piccolo Otto era morto, mi restava solo lei. A volte mi alzavo di notte, mi avvicinavo in punta di piedi alla culla e accostavo l'orecchio alla sua bocca per sentire se respirava ancora."
"Ora cerchi di riposare," disse il medico, ritornando accanto al letto. "Per favore, cerchi di riposare." Il volto della donna era bianco ed esangue e ai lati del naso e della bocca c'era una lieve sfumatura grigio-azzurra. Una ciocca di capelli umidi le era rimasta appiccicata alla pelle, sulla fronte.
"Quando morì... ero di nuovo incinta, dottore. Questo bambino era già di quattro mesi, quando Ida morì. 'Non lo voglio!' gridavo al funerale. 'Non lo voglio! Ne ho seppelliti abbastanza, di bambini!' E mio marito... mio marito passeggiava tra gli ospiti con un grande bicchiere di birra in mano... si girò di colpo e mi disse: 'Ho delle novità per te, Klara, delle belle notizie.' Capisce, dottore? Avevamo appena sepolto il nostro terzo bambino e lui era lì, con un bicchiere di birra in mano a dirmi che c'erano delle belle notizie. 'Oggi sono stato trasferito a Braunau,' disse, 'puoi metterti subito a fare le valigie. Questo sarà un nuovo inizio per te, Klara: un posto nuovo, avrai un nuovo dottore...'"
"Ora smetta di parlare, per piacere."
"Lei è il nuovo medico, non è vero, dottore?"
"Sì."
"E noi siamo a Braunau."
"Sì."
"Ho paura, dottore."
"Ma no, cerchi di cacciare via la paura."
"Quante probabilità ha di vivere, questo quarto bambino?"
"Certi pensieri bisogna che li cacci via."
"Non ci riesco. Sono sicura che c'è qualcosa di ereditario nei miei bambini ed è per questo che muoiono così. Deve esserci."
"Queste sono sciocchezze."
"Lei sa cosa mi disse mio marito quando nacque Otto, dottore? Entrò nella stanza, guardò nella culla dove Otto riposava e disse: 'Perché tutti i miei figli devono essere così piccoli e deboli?'"
"Ma no, sono sicuro che non può essersi espresso così."
"Cacciò la testa dentro la culla di Otto, come se stesse osservando un minuscolo insetto, e gridò: 'Dico soltanto che non capisco perché non possono essere degli esemplari migliori, ecco tutto.' Tre giorni dopo Otto era morto. Lo battezzammo alla svelta il terzo giorno, e alla sera morì. E poi morì Gustav, poi Ida. Morirono tutti, dottore... ed improvvisamente la casa rimase vuota."
"Non ci pensi, ora."
"E' molto piccolo, questo?"
"E' un bambino normale."
"Ma piccolo?"
"Sì, è forse un po' minuto, ma a volte quelli più piccoli sono più resistenti degli altri. Pensi un po', Frau Hitler, l'anno venturo, in questo periodo starà già imparando a camminare. Non è bello pensarlo?"
La donna non rispose.
"E fra due anni sarà probabilmente un terribile chiacchierone e vi farà impazzire coi suoi discorsi. Avete già deciso che nome dargli?"
"Un nome?"
"Sì."
"Non so, non sono sicura. Mi pare che mio marito abbia detto che, se fosse stato un maschio, l'avremmo chiamato Adolf."
"E allora vuol dire che si chiamerà Adolf."
"Sì. A mio marito piace il nome Adolf perché ha una certa assonanza con Alois. Mio marito si chiama Alois."
"Benissimo."
"Oh, no!" gridò improvvisamente la giovane donna, rizzandosi sul cuscino. "E' la stessa domanda che mi hanno fatto quando nacque Otto! Vuol dire che morirà! Battezzatelo subito!"
"Su, su," disse il dottore prendendola gentilmente per le spalle. "Lei si sbaglia, davvero, le assicuro che si sbaglia. E' soltanto perché sono curioso, mi diverto a discutere sui nomi; Adolf è un bellissimo nome, è uno dei nomi che preferisco. Guardi, eccolo che arriva!"
La moglie dell'albergatore, col bimbo sollevato sull'enorme petto, attraversò la stanza e si avvicinò al letto.
"Eccola qui la nostra bellezza!" esclamò raggiante. "Vuole tenerlo un momento, cara? Glielo metto qui accanto a lei?"
"E' ben coperto?" chiese il dottore. "Fa molto freddo, qua dentro."
"E' coperto benissimo."
Il bambino era strettamente fasciato in uno scialle bianco di lana e solo la piccola testa rosea era visibile. La locandiera lo posò gentilmente accanto alla madre. "Ecco qua, ora può guardarlo a piacimento."
"Le piacerà senz'altro," disse il dottore. "E' proprio un bel bambino."
"Ha delle mani bellissime!" esclamò la moglie dell'albergatore. "Le dita sono lunghe e molto delicate."
La madre non fece un gesto, non girò neppure il capo per guardarlo.
"Avanti!" gridò la locandiera. "Non morde mica!"
"Non oso guardare. Non posso credere di avere un altro figlio, e che sia sano."
"Ma su, non sia così sciocca."
Lentamente, la giovane girò la testa e guardò il visetto incredibilmente sereno posato sul cuscino accanto a lei.
"E' mio figlio?"
"Naturalmente."
"Oh... oh... ma è bellissimo!"
Il dottore si girò, s'avvicinò al tavolo ed incominciò a riporre i suoi ferri nella borsa. La madre giaceva nel letto guardando fissamente il bambino, sorridendo ed accarezzandolo con piccole grida soffocate di gioia. "Ciao, Adolf," sussurrava. "Benvenuto, mio piccolo Adolf..."
"Sssst!" disse la locandiera. "Ascolti! Credo che stia arrivando suo marito."
Il dottore andò alla porta, l'aprì e guardò nel corridoio.
"Herr Hitler!"
"Sì."
"Avanti, avanti!"
Un uomo piccolo, in uniforme grigio scuro, entrò piano nella stanza e si guardò in giro.
"Congratulazioni," disse il dottore. "E' un bel maschio."
L'uomo aveva un paio di enormi baffi meticolosamente arricciati alla maniera dell'Imperatore Francesco Giuseppe e puzzava fortemente di birra. "Un maschio?"
"Sì."
"E come sta?"
"Bene, e così sua moglie."
"Ottimamente." Il padre si girò e si diresse, con una curiosa andatura leggermente impettita, verso il letto dove giaceva la moglie. "Bene, Klara," disse, sorridendo attraverso i baffi. "Com'è andata?" Si chinò per dare un'occhiata al bambino. Poi si abbassò ancora; con una serie di piccoli scatti si portò sempre più in basso fino a trovarsi col viso quasi accanto alla testa del neonato. La moglie giaceva appoggiata su un fianco al cuscino, fissandolo con uno sguardo supplichevole.
"Ha un paio di polmoni formidabili," disse la moglie dell'albergatore. "Avreste dovuto sentire come gridava, appena venuto al mondo."
"Ma santo cielo, Klara..."
"Cosa c'è?"
"Questo è ancora più piccolo di Otto!"
Il dottore fece rapidamente due o tre passi in avanti. "Non c'è niente di anormale in questo bambino," disse.
Lentamente, il marito si sollevò, si allontanò dal letto e fissò il medico. Sembrava scosso e perplesso. "Non serve mentire, dottore," disse. "So cosa significa tutto questo: si ripeterà esattamente quello che è già avvenuto altre volte."
"Mi stia a sentire," disse il medico.
"Ma lei sa cosa è successo agli altri, dottore?"
"Dimentichi gli altri, Herr Hitler. Questo ha tutte le possibilità che vuole."
"Ma è così piccolo e gracile."
"Mio caro signore, è appena nato!"
"Anche così..."
"Ma cosa dice!" gridò la locandiera. "Volete scavargli la fossa prima del tempo?"
"Ora basta!" disse il dottore bruscamente.
La madre piangeva, forti singhiozzi la scuotevano tutta.
Il medico si avvicinò al marito, e gli mise una mano sulla spalla. "Sia gentile con lei," sussurrò. "Per piacere. E' molto importante." Poi gli premette ancor più forte sull'omero e, impercettibilmente, incominciò a spingerlo verso il letto. L'uomo esitava. Il dottore aumentò la pressione, costringendolo anche con una leggera stretta delle dita. Infine, ancora riluttante, il maritò si chinò e depose un leggero bacio sulla guancia della moglie.
"Va tutto bene, Klara," disse. "Non piangere."
"Ho tanto pregato perché possa vivere, Alois."
"Sì."
"Ogni giorno, per mesi, mi sono recata in chiesa ed ho implorato in ginocchio che almeno a questo fosse concesso di vivere."
"Sì, Klara, lo so."
"Tre bambini morti... non ne posso più, te ne rendi conto?"
"Naturalmente."
"Egli deve vivere, Alois. Egli deve, deve... Oh, Dio, sii misericordioso con lui ora..."

(Roald Dahl. Kiss Kiss. 11 racconti macabri (con humor). Feltrinelli, 1964)






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