Dato che non avevo più sentito niente da un pezzo, andai al suo laboratorio e bussai: bip-bip, bam-bam. - Ehi, avanti - disse la voce di Stromberg, e mi chiamò per nome.
Conosco Stromberg da trentotto anni, e quell'immediato riconoscimento del mio modo di bussare, quell'immediato Ehi, avanti! sono cose di cui vado molto, molto fiero. Non ho mai capito come me le sono guadagnate. Una volta ho saputo da terze persone che a lui faceva piacere avermi intorno perché con me poteva parlare di tutto, ma proprio di tutto, di tutte le cose che fanno ribollire di continuo quel suo cervello grandioso: fisica, chimica, arte, musica, poesia, gastronomia, amore, politica, filosofia, umorismo. Però l'ho detto in modo sbagliato. Lui poteva parlare a me. Non con me. Nessuno poteva parlare con lui di quelle cose. Non di tutte quelle cose.
Così entrai e attraversai l'ufficio buio e arrivai al laboratorio, con le file di boccette, le cappe, il bellissimo labirinto di tubi di cristallo, il computer con il mormorio visivo delle spie luminose e dello schermo, rosso e arancione e bianco e verde, l'enorme tabellone sopra il banco dell'elettronica con le file di utensili e le lucide scatole nere e i fasci di fili, come cortei di serpentelli ammaestrati con le fauci di cromo. Attraverso una porta interna, intravvedevo il laboratorio di chimica e biologia dove, se gli schermi mormoravano con le luci, lo scintillio dei vetri era un bisbiglio complesso. Intorno alla parete di fondo, dove adesso non potevo vederli, sapevo che c'erano gabbie e strumenti chirurgici, un lavabo con le valvole controllate, un tavolo da veterinario di acciaio inossidabile, microscopi, microtomi, due centrifughe, uno sterilizzatore e un lavello. Due pareti intere, fino al soffitto, erano armadi di sostanze chimiche, con gli sportelli di vetro. Al di là di un'altra porta, lo sapevo, c'era una biblioteca con il suo terminale del computer per rintracciare istantaneamente la posizione dei volumi e per consultare le fonti esterne.
Il laboratorio principale dov'ero appena entrato era illuminato soltanto dalla luce gialla che entrava dalla porta aperta dello stanzino dove Stromberg teneva soltanto la branda e il caffè, e un abbagliante cono di fluorescenza "a giorno" che usciva dal soffitto. Su un basso sgabello, al centro del disco di luce, stava seduto Stromberg, vestito per metà - la metà superiore - e con le gambe allungate e allargate, rispettivamente verso sud e verso ovest; e si ungeva la zona pubica con una densa pasta grigio-blu. Mi rivolse un sorriso, disse: - Niente di allarmante - e continuò con il suo lavoro.
Io non avevo niente da dire e perciò non dissi niente mentre lui finiva. Poi si asciugò le dita con una serie di fazzoletti di carta, rimise il coperchio al barattolo di pasta, applicò vari tamponi di garza sulla parte trattata, dove aderirono entusiasticamente, e si alzò. Lo seguii nella stanza branda-e-caffè. - Non avevo bisogno di dirlo - fece sorridendo Stromberg. - Di non allarmarti. Non avevo bisogno di dirlo a te. Tu hai una virtù... nessuno te lo ha mai detto? Sembra che accetti tutto. Non giudichi. Non applichi metri morali e sociali a ciò che fanno gli altri. Assorbi e aspetti. E' molto simpatico. - Entrò nel piccolo bagno d'angolo e si lavò le mani con impegno, come un chirurgo. - Fai il caffè.
Era già fatto. Preparai il mio, miele e latte, e il suo, senza aggiunte, nelle grosse tazze di ceramica. Avrei potuto correggere il suo riconoscimento. Ho molti pregiudizi e faccio valutazioni morali come chiunque altro, forse un po' più della media. Quello che Stromberg non poteva sapere era che io non li applicavo a lui, non volevo e non potevo. Tanto per dare un esempio immediato, quando uscì dal bagno indossando soltanto una maglietta, con l'apostrofe mascolina sporgente da un nido di garza bianca appiccicata che si macchiava lentamente di grigio, non lo si poteva dire ridicolo. Stromberg non era mai ridicolo. Non per me.
Aprì un cassetto a muro e tirò fuori un paio di calzoncini bianchi da pugile e una tuta bianca, di quelle che si usano e poi si buttano via. Li indossò e infilò i piedi nelle pantofole, prese da un altro cassetto un grosso sacco di plastica, lo aprì e me lo porse. Spogliò completamente la branda, arrotolando il materasso di gommapiuma, i lenzuoli e le coperte, e mentre io tenevo aperto il sacco, cacciò dentro tutto quanto. Chiuse il sacco rigirandone l'imboccatura, andò nell'ufficio e tornò con una grossa etichetta, rossa e vistosa, con la scritta: CONTAMINATO.
- Vai a lavarti le mani - disse, trascinando il sacco verso la porta d'ingresso. - Non è letale - mi assicurò mentre entravo nel bagno.
Nel bagno c'erano scritte sui muri. Non molte.
- Fratturato? Come? Quando? Con che cosa? E'...
Alzai le mani per placarlo. Qualche volta Stromberg è capace di parlare così, a mitraglia. - Una frattura semplice, tre settimane fa, nessuna complicazione. Ha infilato il pollice fra i raggi della puleggia della mola per pietre preziose.
- Perché non c'era sopra una protezione?
- La protezione c'è. Lui l'ha sollevata per mostrare a un altro ragazzino perché c'era.
La tensione defluì dalle spalle e dal collo di Stromberg e increspò gli angoli della bocca, prima di sparire. Lui alzò la mano sinistra e agitò il mignolo. Così flesso, era un po' fuori allineamento alla seconda giuntura. Non l'avevo mai notato. - Anch'io ho fatto la stessa cosa quando avevo la sua età - disse. - Bene... Come va Curie?
- Perfettamente. Sta incominciando a scoprire che essere una ragazza non è la stessa cosa che essere un ragazzino.
A lui piacque quella risposta. Sapevo che gli sarebbe piaciuta. Mi guardò con gli occhi che brillavano e disse, scherzando: - Sciovinismo incipiente?
- Mio, non suo. Mai suo.
Andammo nel laboratorio principale, e lui raccolse l'unguento e i fazzolettini di carta che aveva lasciato sul pavimento vicino allo sgabello. Molto ordinato. Finalmente lo chiese; doveva farlo.
- Mitty?
- Benone. Benone. Ha portato i bambini ad Arrowhead per una settimana. Ha un cappotto verde nuovo.
- Senti, è felice?
Dovetti attendere un po' prima di rispondere a questa domanda. - Più felice - dissi, cautamente.
- E' logico. - Lui annuì, poi annuì di nuovo. Nessun posto dove andare, se non su. - Io... capiterò presto da quelle parti, andrò a trovarli.
- Buona idea.
Mi lanciò una di quelle sue occhiate speciali. Quando fa così, ti fa sbattere le palpebre. I laser non hanno bisogno di mirini. - Li vedi spesso.
- Uhm. - Quasi tutti i giorni, e molte sere, ma non c'era bisogno di dirlo.
- Bene. - Stromberg rimase per un momento immobile, poi fece un suo gesto caratteristico, alzando le mani e lasciandole ricadere contro le cosce. Cambiò d'argomento. Andò alla porta dell'ufficio e fece scattare gli interruttori. Le lampade si accesero, sotto i paralumi al disopra dei banchi lontani, e il cono che feriva gli occhi e che scendeva dal soffitto si spense. Era molto più piacevole, così.
- Tanto, tutto fa parte di tutto - disse lui.
- Chi l'ha detto? - Perché sapevo che era una citazione.
- Donovan, il cantante. E anche l'I Ching, i bastoncini del joss, le viscere di pecora, e io.
- Okay. - Poi attesi.
- "Per misurare un cerchio, incomincia da un punto qualunque."
Sapevo di chi era quella frase. Era di Charles Fort.
Finalmente, lui trovò un punto dove incominciare. E aveva ragione, avrebbe potuto cominciare da qualunque punto. Lo conoscevo, l'avevo già visto di quell'umore. Faceva perdere la pazienza a molti, con il modo in cui passava da una cosa all'altra, anche se con autorevolezza; loro volevano un titolo preciso, come l'etichetta su un barattolo d'unguento per sapere in anticipo cosa c'era dentro, di che cosa era fatto, a che serviva. Con Stromberg, bisognava aspettare mentre lui fabbricava un mattone, lo metteva da parte, aspettare mentre tagliava una trave e la metteva da parte, aspettare mentre lui fabbricava i chiodi e il catrame e le condutture e le finestre a saliscendi. Quando aveva finito, era un edificio: di questo si poteva star sicuri.
- Certuni - disse, - hanno il dono, o forse è l'afflizione, di una scala temporale diversa da quella degli altri. Non pensano in termini biografici... voglio dire, la mia epoca, le cose da quando io sono nato, o nel mio tempo storico, il misero trascorrere del tempo... - e schioccò le dita - ... da quando abbiamo incominciato a scrivere le nostre avventure e le nostre menzogne su quelle avventure. Pensano in termini di tempo geologico, di tempo astronomico, di tempo cosmologico. Sto parlando degli idioti appassionati di fantascienza, che la leggono e la scrivono. Begli scienziati. Bei filosofi.
- Bei mistici. - Non avrei dovuto interromperlo. Sapevo che non era il caso. Ma lui quasi mi diede ragione.
- Può darsi. Forse, anche se io tendo a pensare che molti di loro, molti compositori e artisti e anche la più vasta gamma dei teologi, partono perpendicolarmente rispetto a quella che io vedo come la linearità delle cose, il progresso dalla causa all'effetto. Non so. Forse questo dà loro una prospettiva importante quanto il pensiero del tempo cosmologico. Non so. Non so. Non si escludono a vicenda. C'è posto per tutti. L'universo è grande.
Sedemmo. Stromberg si sedette letteralmente sulle mani, adagio. - Mi sto sforzando di non grattarmi - spiegò. - Comunque, le persone con una mentalità del genere vengono considerate un po' meno che umane. Fredde. Indifferenti, prive di qualcosa... non è così. Non lo è. E' soltanto che i contratti di matrimonio e la cavalleria e il fatto che tu vada in chiesa o non o porti infilato nel naso l'osso distintivo del clan... queste cose non possono avere un gran peso di fronte alla presenza della deriva dei continenti e alla nascita e alla morte delle stelle. Puoi amarla e massaggiarle i piedi e cercare di procurarti i biglietti per la prima, per renderla felice, ma che cosa te ne fai della certezza che lei, e tu, e tutte le vostre opere e i vostri pensieri siete banalità? Soprattutto quando a lei non puoi dirlo. Mai, mai.
- Oh.
Mi lanciò un'occhiata. - Credo di aver sentito accendersi una luce.
- L'hai sentita. Non l'ho mai saputo veramente, prima. E soprattutto... lei non l'ha mai saputo, non lo sa. Crede di averti deluso. Ci soffre molto, i giornali: PREMIO NOBEL ALL'IPPODROMO. Il dottor Stromberg visto a Hollywood in compagnia di. Il dottor Stromberg fermato dopo una rissa al porto. Lei è convinta di essere responsabile di tutto.
- Bè, non lo è. - Lui agitò la mano in direzione del computer. - Quella è la responsabile. La grande estrapolazione. Ehi. Una volta ti sono stato vicino durante una cosa del genere. Tua sorella.
Annuii. Ancora adesso, mi torceva lo stomaco. - Aveva sfondato una porta a vetri. Faccia, mani, braccia, gambe. Sprizzava venti zampilli di sangue.
- Orribile - ammise lui. - Ma passato il pericolo immediato, dopo che l'avevano rimessa insieme e avviata sulla via di guarigione, che cosa ti ha fatto perdere la testa?
Lo ricordavo: - Che cos'ha fatto per meritarlo?
- Giusto. E io ho potuto dirti che "giusto" e "ingiusto" e "meritare" appartengono a un'altra scala, a un altro territorio e a un'altra lingua, a qualcosa di diverso dalla sequenza causa-ed-effetto che fece scorrere tutto quel sangue vergine.
- Mi fece bene.
- Sicuro. Purtroppo, è impossibile versare lo stesso balsamo su mia moglie senza insultarla.
Io dissi, cautamente: - E' stato così improvviso. Un giorno, un uomo, un uomo di famiglia molto abitudinario. Il giorno dopo, lettere di avvocati e banchieri, un accordo di divorzio sensazionale, e l'indomani incominciano i titoloni. E' troppo facile attribuirlo a un prurito della mezza età, all'inseguimento della gioventù che svanisce. E' successo qualcosa.
Lui annuì, si batté la mano sulla testa, poi rimise la mano sotto la natica destra. - Era tutto qui dentro, c'era da un pezzo. Ma quel giorno, per me si accesero le luci. - Accennò di nuovo ai computer.
Io aspettai fino a quando lui prese una decisione e cominciò a parlare. - Ascolta:
"Lei ti ferisce, come ti ferisce una rosa,
"Non sempre, come ti aspetti, con la spina.
"Una rosa ti ferirà sempre con il suo rosa."
- Roba da pelle d'oca.
- Pelle d'oca. Giusto. Lo scrisse Harry Martinson, uno svedese. Pelle d'oca per Passacaglia e Fuga in Do minore di Bach, per l'ultimo movimento della Nona di Beethoven, per un aliante, per Nureyev, per Gagarin, che disse "Io sono un'aquila". Pelle d'oca per la volta di una cattedrale gotica e per Ellington e per Dylan Thomas. Pelle d'oca, se vuoi, per il pons asinorum e l'unghia del mignolo del tuo primo figlio. Ma con quale gigantesca arroganza attribuiamo importanza e permanenza a una di queste cose? Importanza per noi, dato che queste cose ci appartengono, naturalmente. Ma per un pidocchio? Cosa c'entra la trascendenza umana con un pidocchio, se non forse per il fatto che può indurre un singolo umano a stare un po' più fermo per farsi mordere?
"E con quale enorme presunzione crediamo che un pidocchio non abbia i suoi Shakespeare e i suoi Mozart? Nessuno ci ha mai pensato... mai. Tolleriamo un pidocchio non pensandoci, qualche volta non credendo che esista, ma quando ce ne accorgiamo, lo soffochiamo con il burro blu, senza pensare che tutti i pidocchi potrebbero avere in comune l'equivalente, per i pidocchi, di "Una città rosso-rosata, antica quanto la metà del tempo."
Si sporse in avanti e parlò, con terribile intensità. - Sta bene, ti dirò che cosa ho visto quando le luci si sono accese, quando il computer mi ha letto l'estrapolazione finale. Noi siamo tutti pidocchi sulla Terra, esseri viventi che vivono della sostanza della stessa terra. E fino ad ora la terra non ha saputo o non se ne è curata. Adesso sa, adesso se ne cura. Non come entità conscia, naturalmente: non ti racconto fesserie tipo "Quando la Terra urlò". Catena lineare di cause ed effetti; il caso rarissimo della nostra atmosfera e la sua speciale orchestrazione di componenti hanno prodotto la vita, e adesso la vita si è fatta notare abbastanza per sconvolgere l'equilibrio.
- Accidenti. Non ti sto parlando delle solite storie alla moda sull'ecologia e la conservazione dell'ambiente. La conservazione non servirà a nulla; siamo sul piano inclinato. La morte degli oceani e la perdita di un'atmosfera respirabile non sono la fine del mondo... il mondo, in se stesso, non finirà ancora per molti miliardi di anni.
"Nel suo modo passivo e inconsapevole, la Terra ha sempre lottato contro di noi. La lotta per l'esistenza, per la vita, è sempre stata una lotta perché per sua natura la Terra non ci voleva. Come noi con i pidocchi: possiamo sopportarlo finché non sentiamo il prurito. Bene, abbiamo fatto prurito alla Terra, e quando non abbiamo reagito a una grattatina o due, a un'epidemia o a un terremoto, è venuto il momento del burro blu.
"Adesso sta tornando indietro, fino in fondo, a metano e ammoniaca, a solfuro d'idrogeno, vapore acqueo e idrogeno per atmosfera, alle piogge cinquantennali e a una terra non protetta da uno strato di ozono. Non sarà esattamente l'atmosfera primordiale, ma qualcosa di molto simile, almeno per quel che riguarda la vita terrestre. Non sarà una sciocchezza come un'altra era glaciale. Sarà un netto ritorno a prima dell'inizio.
"Sarà così. Non sto fantasticando, non sto tirando a indovinare. Sarà così.
"E allora, quando l'ho scoperto, mi sono guardato... cinquantun anni, fedele, serio, un buon rischio per il credito. Non avevo mai bevuto o giocato d'azzardo, non mi ero mai azzuffato e non avevo rimorchiato una donna in un bar, non avevo mai pattinato o sciato, non avevo mai mangiato haggis o cuscus. Quindi adesso ho intenzione di vivere fino a quando morirò: voglio sentire, voglio essere. Ho denaro, e, finora, anche la salute, e perdio, ho intenzione di approfittarne!
Per un po' non riuscii a parlare. Quando ci riuscii, indicai i computer con un cenno e chiesi: - Allora non c'è proprio speranza?
Lui rise sonoramente. - Speranza? Certo che c'è speranza! Per la sua stessa natura, la Terra è condannata ad avere parassiti! - Liberò una mano e la batté sull'inguine. - Durante quel diluvio di unguento mercuriale - un rimedio antiquato ma efficiente - tra le grida di morte della civiltà dei pidocchi ho sentito la voce di un vecchio pidocchio filosofo che diceva: "Sperate, amici miei, sperate, sta soltanto preparando il terreno per un'altra dose di pidocchi." Sono sicuro che aveva ragione e quindi spero, per il futuro della pidocchieria, che il nuovo ambiente pulito produca un pidocchio che non prude.
Allora mi alzai e me ne andai, e andai in cerca di Mrs. Stromberg, per dirle il perché, se potevo.
Era già fatto. Preparai il mio, miele e latte, e il suo, senza aggiunte, nelle grosse tazze di ceramica. Avrei potuto correggere il suo riconoscimento. Ho molti pregiudizi e faccio valutazioni morali come chiunque altro, forse un po' più della media. Quello che Stromberg non poteva sapere era che io non li applicavo a lui, non volevo e non potevo. Tanto per dare un esempio immediato, quando uscì dal bagno indossando soltanto una maglietta, con l'apostrofe mascolina sporgente da un nido di garza bianca appiccicata che si macchiava lentamente di grigio, non lo si poteva dire ridicolo. Stromberg non era mai ridicolo. Non per me.
Aprì un cassetto a muro e tirò fuori un paio di calzoncini bianchi da pugile e una tuta bianca, di quelle che si usano e poi si buttano via. Li indossò e infilò i piedi nelle pantofole, prese da un altro cassetto un grosso sacco di plastica, lo aprì e me lo porse. Spogliò completamente la branda, arrotolando il materasso di gommapiuma, i lenzuoli e le coperte, e mentre io tenevo aperto il sacco, cacciò dentro tutto quanto. Chiuse il sacco rigirandone l'imboccatura, andò nell'ufficio e tornò con una grossa etichetta, rossa e vistosa, con la scritta: CONTAMINATO.
- Vai a lavarti le mani - disse, trascinando il sacco verso la porta d'ingresso. - Non è letale - mi assicurò mentre entravo nel bagno.
Nel bagno c'erano scritte sui muri. Non molte.
NIENTE E' SEMPRE ASSOLUTAMENTE COSI'.
"E = MC2 può essere dopotutto un fenomeno locale."
Albert Einstein
"Una risposta qualunque non è necessariamente l'unica risposta."
Charles Fort
...e, sorprendentemente:
TU GONFIA LA MIA MENTE
e
IO SUCCHIERO' LA TUA
- Joey si è fratturato il pollice - dissi io, uscendo dal bagno.- Fratturato? Come? Quando? Con che cosa? E'...
Alzai le mani per placarlo. Qualche volta Stromberg è capace di parlare così, a mitraglia. - Una frattura semplice, tre settimane fa, nessuna complicazione. Ha infilato il pollice fra i raggi della puleggia della mola per pietre preziose.
- Perché non c'era sopra una protezione?
- La protezione c'è. Lui l'ha sollevata per mostrare a un altro ragazzino perché c'era.
La tensione defluì dalle spalle e dal collo di Stromberg e increspò gli angoli della bocca, prima di sparire. Lui alzò la mano sinistra e agitò il mignolo. Così flesso, era un po' fuori allineamento alla seconda giuntura. Non l'avevo mai notato. - Anch'io ho fatto la stessa cosa quando avevo la sua età - disse. - Bene... Come va Curie?
- Perfettamente. Sta incominciando a scoprire che essere una ragazza non è la stessa cosa che essere un ragazzino.
A lui piacque quella risposta. Sapevo che gli sarebbe piaciuta. Mi guardò con gli occhi che brillavano e disse, scherzando: - Sciovinismo incipiente?
- Mio, non suo. Mai suo.
Andammo nel laboratorio principale, e lui raccolse l'unguento e i fazzolettini di carta che aveva lasciato sul pavimento vicino allo sgabello. Molto ordinato. Finalmente lo chiese; doveva farlo.
- Mitty?
- Benone. Benone. Ha portato i bambini ad Arrowhead per una settimana. Ha un cappotto verde nuovo.
- Senti, è felice?
Dovetti attendere un po' prima di rispondere a questa domanda. - Più felice - dissi, cautamente.
- E' logico. - Lui annuì, poi annuì di nuovo. Nessun posto dove andare, se non su. - Io... capiterò presto da quelle parti, andrò a trovarli.
- Buona idea.
Mi lanciò una di quelle sue occhiate speciali. Quando fa così, ti fa sbattere le palpebre. I laser non hanno bisogno di mirini. - Li vedi spesso.
- Uhm. - Quasi tutti i giorni, e molte sere, ma non c'era bisogno di dirlo.
- Bene. - Stromberg rimase per un momento immobile, poi fece un suo gesto caratteristico, alzando le mani e lasciandole ricadere contro le cosce. Cambiò d'argomento. Andò alla porta dell'ufficio e fece scattare gli interruttori. Le lampade si accesero, sotto i paralumi al disopra dei banchi lontani, e il cono che feriva gli occhi e che scendeva dal soffitto si spense. Era molto più piacevole, così.
- Tanto, tutto fa parte di tutto - disse lui.
- Chi l'ha detto? - Perché sapevo che era una citazione.
- Donovan, il cantante. E anche l'I Ching, i bastoncini del joss, le viscere di pecora, e io.
- Okay. - Poi attesi.
- "Per misurare un cerchio, incomincia da un punto qualunque."
Sapevo di chi era quella frase. Era di Charles Fort.
Finalmente, lui trovò un punto dove incominciare. E aveva ragione, avrebbe potuto cominciare da qualunque punto. Lo conoscevo, l'avevo già visto di quell'umore. Faceva perdere la pazienza a molti, con il modo in cui passava da una cosa all'altra, anche se con autorevolezza; loro volevano un titolo preciso, come l'etichetta su un barattolo d'unguento per sapere in anticipo cosa c'era dentro, di che cosa era fatto, a che serviva. Con Stromberg, bisognava aspettare mentre lui fabbricava un mattone, lo metteva da parte, aspettare mentre tagliava una trave e la metteva da parte, aspettare mentre lui fabbricava i chiodi e il catrame e le condutture e le finestre a saliscendi. Quando aveva finito, era un edificio: di questo si poteva star sicuri.
- Certuni - disse, - hanno il dono, o forse è l'afflizione, di una scala temporale diversa da quella degli altri. Non pensano in termini biografici... voglio dire, la mia epoca, le cose da quando io sono nato, o nel mio tempo storico, il misero trascorrere del tempo... - e schioccò le dita - ... da quando abbiamo incominciato a scrivere le nostre avventure e le nostre menzogne su quelle avventure. Pensano in termini di tempo geologico, di tempo astronomico, di tempo cosmologico. Sto parlando degli idioti appassionati di fantascienza, che la leggono e la scrivono. Begli scienziati. Bei filosofi.
- Bei mistici. - Non avrei dovuto interromperlo. Sapevo che non era il caso. Ma lui quasi mi diede ragione.
- Può darsi. Forse, anche se io tendo a pensare che molti di loro, molti compositori e artisti e anche la più vasta gamma dei teologi, partono perpendicolarmente rispetto a quella che io vedo come la linearità delle cose, il progresso dalla causa all'effetto. Non so. Forse questo dà loro una prospettiva importante quanto il pensiero del tempo cosmologico. Non so. Non so. Non si escludono a vicenda. C'è posto per tutti. L'universo è grande.
Sedemmo. Stromberg si sedette letteralmente sulle mani, adagio. - Mi sto sforzando di non grattarmi - spiegò. - Comunque, le persone con una mentalità del genere vengono considerate un po' meno che umane. Fredde. Indifferenti, prive di qualcosa... non è così. Non lo è. E' soltanto che i contratti di matrimonio e la cavalleria e il fatto che tu vada in chiesa o non o porti infilato nel naso l'osso distintivo del clan... queste cose non possono avere un gran peso di fronte alla presenza della deriva dei continenti e alla nascita e alla morte delle stelle. Puoi amarla e massaggiarle i piedi e cercare di procurarti i biglietti per la prima, per renderla felice, ma che cosa te ne fai della certezza che lei, e tu, e tutte le vostre opere e i vostri pensieri siete banalità? Soprattutto quando a lei non puoi dirlo. Mai, mai.
- Oh.
Mi lanciò un'occhiata. - Credo di aver sentito accendersi una luce.
- L'hai sentita. Non l'ho mai saputo veramente, prima. E soprattutto... lei non l'ha mai saputo, non lo sa. Crede di averti deluso. Ci soffre molto, i giornali: PREMIO NOBEL ALL'IPPODROMO. Il dottor Stromberg visto a Hollywood in compagnia di. Il dottor Stromberg fermato dopo una rissa al porto. Lei è convinta di essere responsabile di tutto.
- Bè, non lo è. - Lui agitò la mano in direzione del computer. - Quella è la responsabile. La grande estrapolazione. Ehi. Una volta ti sono stato vicino durante una cosa del genere. Tua sorella.
Annuii. Ancora adesso, mi torceva lo stomaco. - Aveva sfondato una porta a vetri. Faccia, mani, braccia, gambe. Sprizzava venti zampilli di sangue.
- Orribile - ammise lui. - Ma passato il pericolo immediato, dopo che l'avevano rimessa insieme e avviata sulla via di guarigione, che cosa ti ha fatto perdere la testa?
Lo ricordavo: - Che cos'ha fatto per meritarlo?
- Giusto. E io ho potuto dirti che "giusto" e "ingiusto" e "meritare" appartengono a un'altra scala, a un altro territorio e a un'altra lingua, a qualcosa di diverso dalla sequenza causa-ed-effetto che fece scorrere tutto quel sangue vergine.
- Mi fece bene.
- Sicuro. Purtroppo, è impossibile versare lo stesso balsamo su mia moglie senza insultarla.
Io dissi, cautamente: - E' stato così improvviso. Un giorno, un uomo, un uomo di famiglia molto abitudinario. Il giorno dopo, lettere di avvocati e banchieri, un accordo di divorzio sensazionale, e l'indomani incominciano i titoloni. E' troppo facile attribuirlo a un prurito della mezza età, all'inseguimento della gioventù che svanisce. E' successo qualcosa.
Lui annuì, si batté la mano sulla testa, poi rimise la mano sotto la natica destra. - Era tutto qui dentro, c'era da un pezzo. Ma quel giorno, per me si accesero le luci. - Accennò di nuovo ai computer.
Io aspettai fino a quando lui prese una decisione e cominciò a parlare. - Ascolta:
"Lei ti ferisce, come ti ferisce una rosa,
"Non sempre, come ti aspetti, con la spina.
"Una rosa ti ferirà sempre con il suo rosa."
- Roba da pelle d'oca.
- Pelle d'oca. Giusto. Lo scrisse Harry Martinson, uno svedese. Pelle d'oca per Passacaglia e Fuga in Do minore di Bach, per l'ultimo movimento della Nona di Beethoven, per un aliante, per Nureyev, per Gagarin, che disse "Io sono un'aquila". Pelle d'oca per la volta di una cattedrale gotica e per Ellington e per Dylan Thomas. Pelle d'oca, se vuoi, per il pons asinorum e l'unghia del mignolo del tuo primo figlio. Ma con quale gigantesca arroganza attribuiamo importanza e permanenza a una di queste cose? Importanza per noi, dato che queste cose ci appartengono, naturalmente. Ma per un pidocchio? Cosa c'entra la trascendenza umana con un pidocchio, se non forse per il fatto che può indurre un singolo umano a stare un po' più fermo per farsi mordere?
"E con quale enorme presunzione crediamo che un pidocchio non abbia i suoi Shakespeare e i suoi Mozart? Nessuno ci ha mai pensato... mai. Tolleriamo un pidocchio non pensandoci, qualche volta non credendo che esista, ma quando ce ne accorgiamo, lo soffochiamo con il burro blu, senza pensare che tutti i pidocchi potrebbero avere in comune l'equivalente, per i pidocchi, di "Una città rosso-rosata, antica quanto la metà del tempo."
Si sporse in avanti e parlò, con terribile intensità. - Sta bene, ti dirò che cosa ho visto quando le luci si sono accese, quando il computer mi ha letto l'estrapolazione finale. Noi siamo tutti pidocchi sulla Terra, esseri viventi che vivono della sostanza della stessa terra. E fino ad ora la terra non ha saputo o non se ne è curata. Adesso sa, adesso se ne cura. Non come entità conscia, naturalmente: non ti racconto fesserie tipo "Quando la Terra urlò". Catena lineare di cause ed effetti; il caso rarissimo della nostra atmosfera e la sua speciale orchestrazione di componenti hanno prodotto la vita, e adesso la vita si è fatta notare abbastanza per sconvolgere l'equilibrio.
- Accidenti. Non ti sto parlando delle solite storie alla moda sull'ecologia e la conservazione dell'ambiente. La conservazione non servirà a nulla; siamo sul piano inclinato. La morte degli oceani e la perdita di un'atmosfera respirabile non sono la fine del mondo... il mondo, in se stesso, non finirà ancora per molti miliardi di anni.
"Nel suo modo passivo e inconsapevole, la Terra ha sempre lottato contro di noi. La lotta per l'esistenza, per la vita, è sempre stata una lotta perché per sua natura la Terra non ci voleva. Come noi con i pidocchi: possiamo sopportarlo finché non sentiamo il prurito. Bene, abbiamo fatto prurito alla Terra, e quando non abbiamo reagito a una grattatina o due, a un'epidemia o a un terremoto, è venuto il momento del burro blu.
"Adesso sta tornando indietro, fino in fondo, a metano e ammoniaca, a solfuro d'idrogeno, vapore acqueo e idrogeno per atmosfera, alle piogge cinquantennali e a una terra non protetta da uno strato di ozono. Non sarà esattamente l'atmosfera primordiale, ma qualcosa di molto simile, almeno per quel che riguarda la vita terrestre. Non sarà una sciocchezza come un'altra era glaciale. Sarà un netto ritorno a prima dell'inizio.
"Sarà così. Non sto fantasticando, non sto tirando a indovinare. Sarà così.
"E allora, quando l'ho scoperto, mi sono guardato... cinquantun anni, fedele, serio, un buon rischio per il credito. Non avevo mai bevuto o giocato d'azzardo, non mi ero mai azzuffato e non avevo rimorchiato una donna in un bar, non avevo mai pattinato o sciato, non avevo mai mangiato haggis o cuscus. Quindi adesso ho intenzione di vivere fino a quando morirò: voglio sentire, voglio essere. Ho denaro, e, finora, anche la salute, e perdio, ho intenzione di approfittarne!
Per un po' non riuscii a parlare. Quando ci riuscii, indicai i computer con un cenno e chiesi: - Allora non c'è proprio speranza?
Lui rise sonoramente. - Speranza? Certo che c'è speranza! Per la sua stessa natura, la Terra è condannata ad avere parassiti! - Liberò una mano e la batté sull'inguine. - Durante quel diluvio di unguento mercuriale - un rimedio antiquato ma efficiente - tra le grida di morte della civiltà dei pidocchi ho sentito la voce di un vecchio pidocchio filosofo che diceva: "Sperate, amici miei, sperate, sta soltanto preparando il terreno per un'altra dose di pidocchi." Sono sicuro che aveva ragione e quindi spero, per il futuro della pidocchieria, che il nuovo ambiente pulito produca un pidocchio che non prude.
Allora mi alzai e me ne andai, e andai in cerca di Mrs. Stromberg, per dirle il perché, se potevo.
(Theodore Sturgeon. Il mondo di Theodore Sturgeon. Editrice Nord, 1982)
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