PRIMO
"Sono l'ultimo uomo sulla Terra."
La frase risuonò innaturale nel silenzio della stanza. Antonio stava sdraiato sulla cuccetta guardando il soffitto. Ripeté:
"Sono l'ultimo uomo sulla Terra."
Quando si parla da soli, pensò, si diventa un po' matti. Be' anche se fosse diventato matto, ne avrebbe avuto tutte le ragioni. Perché effettivamente era l'ultimo uomo sulla Terra. Lui, Antonio Peretti fu Carmelo, di anni 38, celibe. Celibe! Rise forte. Quando era incominciata la guerra atomica non avrebbe mai immaginato che finisse così. Aveva avuto soltanto paura di morire, non di sopravvivere. E adesso stava lì, sdraiato sulla cuccetta a guardare il soffitto, a parlare ogni tanto per illudersi che ci fosse qualcuno ad ascoltarlo. Allungò la mano e prese la vecchia copia di Playboy dal comodino accanto. La sfogliò lentamente, osservando con distacco le foto di ragazze in quadricromia che sorridevano dalle pagine. Ragazze. Ragazze. Ragazze. Tutta merce perduta per lui. La stanza era piena di riviste del genere. Parlò ancora:
"Non ti vorrei neanche se fossi l'ultimo uomo sulla Terra!"
Frase fatta. C'era su tutte le riviste. Una ragazza, come si chiamava?... Rita... gli aveva detto la stessa cosa una volta che si era dichiarato. Proprio così. Non ti vorrei neanche se fossi l'ultimo uomo sulla Terra, aveva detto. Cominciò a ridere. Cosa diresti adesso, Rita, se potessi essere qui? Eh?
Il riso crebbe, divenne incontrollabile. Lacrime tonde gli bagnavano il cuscino.
La porta si aprì ed entrò un infermiere che lo guardò con astio.
"Si ride, eh? A che pensi, ai giornali o alla Storia?"
L'infermiere lo odiava perché aveva fecondato sua moglie, sia pure in vitro.
"Andiamo, è l'ora di una donazione."
Aiutò la larva d'uomo ad alzarsi e lo condusse alla porta.
"Pensa che il mondo avrà la tua faccia, fra qualche anno!"
Antonio Peretti cercò di raddrizzarsi un poco. Il mondo con la faccia di Antonio Peretti! L'ultimo uomo sulla Terra.
Per almeno una generazione.
SECONDO
"Agente! Quella formica ha rapito mia moglie!"
L'agente fece per protestare ma l'uomo affannato lo incalzava tanto che si mise a correre con lui per riflesso.
"Presto! Hanno appena svoltato l'angolo!"
Girarono l'angolo di corsa e raggiunsero la graziosa donna. La donna si voltò con il viso allarmato e sorpreso.
"John!" ansimò.
"Eccola!" disse trionfante l'uomo.
L'agente tirò fuori il taccuino, impacciato.
"Bene, riepiloghiamo..." cominciò.
"Niente da riepilogare!" urlò John. "Si stava facendo rapire da una formica. Arrestateli tutti e due!"
"John!" La donna sbarrò gli occhi. "Di tutte le cose pazze che mi hai sempre detto..."
L'agente cominciò a diventare di un bel cremisi.
"Una formica, eh?" disse con calma studiata. "Adesso nome, cognome e venga con me alla stazione!"
Si persero in lontananza con l'uomo che gesticolava furiosamente parlando senza posa e l'agente che continuava a guardare davanti a sé. La donna li guardò allontanarsi.
"Tutto bene cara?" disse una vocina dal basso.
"Tutto bene." disse lei sorridendo.
"Allora andiamo."
La donna si sollevò di un millimetro e cominciò a scivolare immobile, come su rotelle, verso la periferia.
TERZO
"Nonna, chiudi la porta, che arrivano i vampiri!"
La nonna si precipitò alla porta e la chiuse.
"Di già?" ansimò.
"E' mezzanotte," disse Ned. "Stanno per arrivare, li sento."
Fuori i cani incominciavano a ululare. La fronte di Ned si imperlò di sudore. Diede un'occhiata rapida alla porta e allibì.
"Nonna!" urlò. "Il catenaccio! E l'aglio!"
Si precipitò alla porta e tirò il catenaccio. I cani ululavano sempre più forte. Appese l'aglio e tirò un lungo sospiro. Poi si avviò rapido all'altra porta, quella che dava sulle scale.
Mentre stava per raggiungerla, questa si aprì di botto.
Nel riquadro c'era un viso ghignante, pallidissimo.
Lentamente il vampiro avanzò verso Ned che incominciò a indietreggiare lentamente. Dietro il primo apparvero altri due vampiri, che entrarono sghignazzando e squittendo. I cani continuavano a ululare, fuori. Uno dei vampiri con due balzi si gettò davanti all'altra porta per chiuderla, ma si ritrasse tossendo per la puzza dell'aglio. Il terzo chiuse tranquillo la porta da cui erano entrati, girò la chiave, la mise in tasca, e li guardò fregandosi le mani. Tutti e tre avanzarono lentamente verso Ned, che stava in un angolo abbracciato con la nonna. Si muovevano con la bocca aperta e le mani adunche tese, il viso soffuso di una gioia bestiale, piano piano, con la sicurezza di chi sa che la preda non può scappare. Erano ormai nel centro della stanza.
"Adesso, nonna." disse Ned.
La nonna tirò una leva e la grossa rete cadde dal soffitto sui tre.
"Tira, nonna, tira!"
Tirarono tenacemente i due capi che stringevano la rete. Si formò in mezzo alla stanza un grosso fagotto che sembrava contenere un enorme ventilatore in moto: squittii, ruggiti, gnaulii uscivano dal fagotto e si confondevano con gli ululati dei cani.
Ned prese il martello.
"Ti aiuto." disse la nonna.
Ned scosse la testa: "Ce la faccio da solo, nonna. Tu piuttosto telefona al Supermarket."
Mentre attendeva la comunicazione, la nonna osservava con occhio critico il nipote sferrare colpi sul fagotto.
"Attento a non rovinare le teste." disse.
Ned si fermò per volgersi alla nonna con aria seccata.
"Nonna, tu sarai una grande venditrice, ma di vampiri ancora non hai capito niente. Dato che non hanno ancora sangue, a quest'ora, non si possono formare ecchimosi e..."
"Allò?" lo interruppe la nonna. "Trenton? Qui è nonna Webster. Ne abbiamo altri tre. Belli questa volta. No, presi adesso adesso, sente? Sono assolutamente senza sangue. Bella carne fresca di vampiro giovane. Allora d'accordo, dia disposizioni per l'inscatolamento, domattina glieli portiamo. Cinquemila l'uno, d'accordo. No, le teste no, Casabella ha l'esclusiva con noi. Mi spiace, Trenton, ma è impossibile. D'accordo per domattina, allora."
Riappese e guardò con malcelata soddisfazione il nipote.
"Prendo la scure e ti aiuto," disse. "Con quello che prenderemo questa volta, ci potremo permettere l'acchiappalicantropi IBM!"
"Nonna, sei un'organizzatrice nata!" Ned sorrise. "Ma la prossima volta chiudi prima la porta, o ci scapperanno!"
(Frontiere nello spazio. Il libro di Gamma. De Carlo, 1965)
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