Nel film di Jean Cocteau Orphée, del 1949, Orfeo, alla ricerca di Euridice, scende negli inferi passando - con un magistrale trucco cinematografico - attraverso uno specchio di mercurio. Il cantore, impersonato da un Jean Marais pettinato alla greca, viene condotto davanti a un grande specchio; indossa un paio di guanti di lattice che vengono presentati come parte di un rituale magico preparatorio ma che, in realtà, testimoniano l'attenzione moderna del celebre regista d'avanguardia per le questioni relative alla salute e alla sicurezza. "Con questi guanti potrai passare attraverso lo specchio come se fosse fatto d'acqua" spiega la guida di Orfeo. "Prima le mani." Titubante, Orfeo fa ciò che gli è stato detto e appoggia i palmi sulla superficie riflettente, incontrando la sua resistenza: è solo uno specchio, conclude. "Il s'agit de croire" gli rammenta la guida; devi crederci. Quindi, in un primo piano, vediamo le dita che passano attraverso la barriera, diventata tremolante; a questo punto, con un'inquadratura dall'alto che sottrae alla vista la superficie dello specchio liquido, Orfeo e la sua guida spariscono attraverso il portale.
E' ovvio che non possiamo conoscere gli inferi senza abbandonare il nostro mondo; così, come spartiacque fra queste due realtà, Cocteau ha cercato una barriera che si presentasse alla vista come assoluta pur essendo fisicamente penetrabile. Per creare l'effetto dello specchio si dice che sia stato necessario un serbatoio di mezza tonnellata di mercurio; potrebbe sembrare un'esagerazione, ma dobbiamo tener presente che questo metallo è talmente denso che sulla sua superficie può galleggiare persino il piombo, e che una pozza di mercurio di questo peso, delle dimensioni di un grande specchio, sarebbe profonda poco più di un centimetro. E, naturalmente, non è possibile mettere in verticale una pozza del genere, così Cocteau ha dovuto girare la sua cinepresa in modo da produrre l'illusione di uno specchio posto in piedi per la breve durata della scena in cui le mani di Orfeo passano attraverso la barriera. Inoltre, dato che non è possibile - o quantomeno non è raccomandabile - immergere l'intero corpo di una persona nel mercurio, nella scena successiva la ripresa passa a un'inquadratura dall'alto.
Per ottenere almeno in parte l'effetto necessario, il regista avrebbe potuto usare del latte o della vernice; il mercurio, però, è stata una scelta migliore, in quanto si tratta dell'unico liquido in grado di riflettere alla perfezione le immagini. E, come ha in seguito spiegato Cocteau in un'intervista, c'erano anche altri vantaggi: "Le mani immerse nel mercurio scompaiono e il gesto è accompagnato da una sorta di tremolio, mentre nell'acqua si sarebbero formate delle increspature e dei cerchi di onde. Inoltre, il mercurio offre una resistenza alla penetrazione". In questa singola azione, quindi, sono resi visibili i segni della trepidazione di Orfeo, della sua paura e dello sforzo di volontà che deve fare per abbandonare la vita; in aggiunta, il carattere inconsueto, quasi innaturale, del mercurio costituisce una splendida allusione alle incertezze legate all'ingresso nel mondo soprannaturale.
(Hugh Aldersey-Williams, Favole periodiche. Rizzoli, 2011)
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