Tragica fu la carriera di sir John Franklin, ufficiale della marina di S.M. britannica, esploratore polare.
Partecipò in sottordine a una spedizione, ne comandò tre. Per poco la seconda delle quattro non finì in disastro totale; il disastro totale coronò l'ultima: le navi Erebus e Terror (nomi profetici!) con le quali partì nel 1845 dall'Inghilterra alla ricerca del Passaggio di nord-ovest andarono perdute, tutti i 134 membri della spedizione perirono.
Franklin pubblicò il racconto delle prime tre esplorazioni, ma non quello della quarta, perché nel 1847 morì, all'età di 61 anni, mentre l'Erebus e la Terror erano già da due anni prigioniere dei ghiacci; e pare che sia stata la sua morte a segnare il tracollo dell'impresa.
Nel 1887, a Kristiania, un ragazzo quindicenne sta leggendo le relazioni di Franklin. Kristiania è la capitale della Norvegia, e la Norvegia è unita alla Svezia dalla quale si separerà nel 1905; Kristiania nel 1925 riprenderà il suo primitivo nome di Oslo.
Le narrazioni di Franklin impressionano profondamente l'adolescente, e ciò che più lo colpisce, che l'affascina, che l'attrae, sono i pericoli affrontati, le sofferenze sopportate. Clima freddissimo, notti eterne, giorni senza fine, marce senza speranza portate avanti trascinandosi nella neve e sul ghiaccio, con gli indumenti a pezzi, senza più combustibile e senza più viveri, bruciando le canoe per riscaldarsi, per cuocere ciò di cui si cibano: lichene raccolto sotto la neve, ossa trovate in accampamenti abbandonati dagli indiani, pezzi di cuoio, carne putrefatta avanzo di pasti di lupi.
Molti componenti di quelle squadre che procedono senza più forza e quasi senza più volontà non giungono alla meta, e solo chi è d'animo virile e generoso, chi è spiritualmente sano, sopporta le sofferenze fino alla fine e fino alla fine sostiene e assiste i compagni; mentre i violenti, gli egoisti, coloro che sono accecati dalla decisione di sopravvivere a ogni costo, arrivano talvolta all'omicidio, al cannibalismo.
Quel giovane, che sta rivivendo le avventure di sir John Franklin, è Roald Engelbert Amundsen, e su di lui l'impressione di quelle letture non è passeggiera: promette a se stesso che farà l'esploratore, e manterrà la promessa. Diverrà un esploratore, e quale esploratore!
(Felice Trojani, R.E. Amundsen. L'eroe dei ghiacci polari, Mursia, 1971)
We were homeward bound one night on the deep
Swinging in my hammock I fell asleep
I dreamed a dream and I thought it true
Concerning Franklin and his gallant crew
With a hundred seamen he sailed away
To the frozen ocean in the month of May
To seek a passage around the pole
Where we poor sailors do sometimes go.
Through cruel hardships they vainly strove
Their ships on mountains of ice were drove
Only the Eskimo with his skin canoe
Was the only one that ever came through
In Baffin's Bay where the whale fish blow
The fate of Franklin no man may know
The fate of Franklin no tongue can tell
Lord Franklin alone with his sailors do dwell
And now my burden it gives me pain
For my long-lost Franklin I would cross the main
Ten thousand pounds I would freely give
To know on earth, that my Franklin do live.
Nessun commento:
Posta un commento