"Il signor Alfred Jarry?"
"A metà del terzo."
La risposta della portinaia mi stupì. Salii da Alfred Jarry, che effettivamente abitava a metà del terzo piano. I piani della casa erano parsi al proprietario troppo alti di soffitto e li aveva dimezzati. Quella casa, che esiste ancora, è riuscita ad avere in questo modo una quindicina di piani, ma, non essendo, in definitiva, più alta delle altre case del quartiere, non è che una riduzione di grattacielo.
Del resto, le riduzioni abbondavano nella casa di Alfred Jarry. Quella metà di terzo piano non era che una riduzione di piano, dove, in piedi, l'inquilino si sentiva a suo agio, ma io, più alto di lui, ero obbligato a curvarmi. Il letto era una riduzione di letto, cioè un giaciglio: i letti bassi sono di moda, mi disse Jarry. La scrivania era una riduzione di scrivania, poiché Jarry scriveva coricato, ventre a terra, sul pavimento. La mobilia era una riduzione di mobilia ed era costituita soltanto da un letto. Al muro era appesa una riduzione di quadro. Era un ritratto di Jarry di cui ne aveva bruciato gran parte, non lasciando intatta che la testa simile al Balzac d'una certa litografia che so io. La biblioteca era una riduzione di biblioteca, ed è dire molto. Si componeva d'un'edizione popolare di Rabelais e di due o tre volumi della Bibliothèque rose. Sul camino di drizzava un grande fallo di pietra, lavoro giapponese, dono di Félicien Rops a Jarry, che aveva il prepuzio più grande del naturale e che se ne stava sempre coperto da una berretta di velluto viola, dal giorno in cui l'esotico monolito aveva spaventato una letterata già tutta ansante per essere salita alla metà del terzo piano e disorientata da questa grande chasublerie senza mobili.
"E' un calco?" aveva chiesto la signora.
"No" rispose Jarry, "è una riduzione."
(Gli anni Apollinaire. A cura di Pasquale A. Jannini, Mazzotta, 1972)