Una città.
In mezzo alla grande piazza della Nazione oppure della DetoNazione, gli attacchini danno un ultimo colpo di pennello ad una perentoria dichiarazione ufficiale: un annuncio di mobilitazione generale.
Dei curiosi si scambiano tra loro proponimenti gravidi di buon senso belligerante, d'imbecillità saggia, o di disorientamento rassegnato.
Uno di loro che stava zitto, alza le spalle, s'allontana e si ferma dinanzi all'ingresso d'un cinema che reclamizza un'esclusiva:
I Comici Primitivi
Mac Sennet, Al Roach e Christie comiche
Per distrarsi malgrado tutto l'uomo compra un biglietto ed avanza nel nero-silente in cui Malec, Picratt, Fatty e Mabel, Ben Turpin, Juliot, Charlot "Lui" e tanti altri tengono dietro, allegramente, alle loro gioiose, calamitose, disavventure.
Porte che si aprono, voragini che si spalancano sotto i loro piedi, cani rabbiosi che s'attaccano ai brandelli dei loro vestiti, ne combinano d'ogni sorta.
Muri che crollano, scale che scricchiolano, treni che deragliano, poliziotti che si sgranchiscono, pompe antincendio che prendono fuoco, infernali orologi che vanno a vanvera, torte alla crema che fanno dei voli, barattoli di vernice, vasi da fiori: volteggia tutto.
E' tutto un seguito di ferite, di bernoccoli, di carri funebri, e poi lampioni, rapidi abbracci amorosi, prese per i capelli, tutto è lotta e voluttà.
L'uomo ride, rapito. Egli si sente altrove, "fra gli angeli".
Ma...
... finito lo spettacolo, di fuori, si ritrova "fra i diavoli".
Nel più naturale e crudele dei modi. i gags che lo facevano ridere a crepapelle, le contrarietà che s'abbattevano a catena sopra il piccolo mondo innocente e affascinante delle ombre dello schermo, piombano addosso a lui, a valanga, seriamente, veramente, e ciò che lo faceva ridere tanto, gli fa paura, lo fa gridare maledettamente, lo fa urlare terribilmente.
Inseguito, sfiatato, cerca scampo su delle impalcature; colto dalle vertigini, cade, si rialza, pieno di slogature, rotto, spezzato, ansimante, a quattro zampe, tenta di attraversare un viale deserto.
Un'ambulanza sbuca a cento all'ora; i freni stringono troppo tardi e quasi per dargli il colpo di grazia l'ambulanza lo schiaccia.
Scendono degli infermieri e constatano che quest'uomo "il quale correva come un pazzo e che si è, per così dire, letteralmente gettato sotto le ruote" non ha più molto da vivere.
L'ambulanza lo trasporta all'ospedale dove tutti si arrendono all'evidenza: è spacciato.
Un prete si avvicina al capezzale, per garantirgli l'eterna salvezza.
L'UOMO
(con un soffio)
Che strano! Che mi succede? Dove sono?
IL PARROCO
Delira.
UN MEDICO
Sì, è in coma.
L'UOMO
(d'un tratto a voce alta)
Lo sapete dov'è il coma, voi?
Scoppia a ridere; ma d'un riso così violento, così fresco, così gioioso, che tanto il medico quanto il parroco non credono ai loro orecchi e neppure ai loro occhi.
E' un riso inestinguibile, da cui pare escluso qualunque secondo motivo, qualunque segreto, qualunque ragione di ridere.
Un'infermiera, nel corridoio, sente quella risata e stupefatta domanda: "Chi è che ride così pazzamente?".
Intanto il medico esce dalla camera sottosopra.
IL MEDICO
Pazzamente è dire poco. Un ridere da pazzo, questo sì.
L'INFERMIERA
E' straordinario! ...
E siccome la risata continua imperterrita:
Per fortuna non è ...
IL MEDICO
Contagiosa.
E scoppia a ridere; e l'infermiera anche.
Nella camera, il parroco si regge i fianchi e ride fino alle lacrime. In un'altra camera, nella quale stanno chiudendo, pietosamente, gli occhi ad un moribondo, una donna fin allora singhiozzante, in ginocchio davanti al letto, ad un tratto sorride, e poi si mette a ridere, a ridere, ... con una risata uguale a quella che nel frattempo, nella sala operatoria, fa sussultare il chirurgo, i suoi assistenti, l'operato e l'anestesista nonché, nel giardino, i giardinieri, i visitatori e coloro che portano mazzi di fiori.
Non lontano, nella cappella, il celebrante, nel bel mezzo dell'omelia commovente ed austera, diviene facile preda del riso dei fedeli, a loro volta scossi dagli echi della risata degli allievi e del professore di un collegio vicino.
La folle risata guadagna terreno.
Nei giardini del Casinò, un giocatore sfortunato che si apprestava a mettere fine ai suoi giorni, lascia cadere l'arma, nel medesimo istante in cui - press'a poco - nella hall di una banca uomini mascherati sospendevano la rapina, lasciando cadere quanto avevano già rastrellato e chiamavano a testimoni gl'ilari cassieri e guardiani: "Non per dire, ma c'è da torcersi dalle risate!"
Un reggimento sta sfilando davanti alla banca, la banda in testa, applaudito dalla folla.
La risata vi dilaga all'improvviso.
La musica si ferma un secondo, poi si fa più allegretta; i civili: uomini, donne, bambini, s'arrampicano sui carri armati e si mettono a ridere come tanti pazzarelli, insieme con gli ufficiali, i soldati nucleari e i cappellani militari.
La si direbbe una battaglia dei fiori, una sfilata armistiziale, di mezzaquaresima o di Liberazione.
E intanto nel Palazzo Presidenziale residenziale il Presidente guarda i suoi ministri con aria severa, ed in particolare il ministro della Guerra.
Silenzio profondo.
Il palazzo è ovattato, insonorizzato, fuori pericolo.
Coi cappucci che turano anche le orecchie, le sentinelle prendono di mira e stendono a terra, teleobbiettivamente, gl'imprudenti passeggiatori che si credono abbastanza lontani per poter ridere, mentre sono abbastanza vicini per poter sopravvivere.
Nel salone delle Delibere, tutti i volti sono tetri dalla costernazione.
IL PRESIDENTE
Dunque, Signori, quell'uomo è ancora vivo!
IL MINISTRO DELLA GUERRA
Un caso rarissimo di anabiosi, Signor Presidente.
IL PRESIDENTE
(andando al vivo della questione)
Lo sappiamo. Anabiosi: ritorno alla vita, dopo una interruzione delle funzioni avente più o meno le caratteristiche della morte. Ma questa risata, Signori, questa risata nociva ed, ahimé, bisogna pur dirlo, epidemica, che misure avete preso per annientarla? (Con un grosso sospiro). E magari si trattasse d'una risata omerica!
I Ministri leggono intanto i loro rapporti. Il Presidente li interrompe: "Ma insomma, Signori, quest'uomo, questo malato insomma, dov'è che si trova?"
IL PRESIDENTE
(con una luce di speranza negli occhi)
Morirà, probabilmente, di fame, o di sete, o di che so io?
IL MINISTRO DELLA GUERRA
Probabilmente; ma intanto tutti coloro che l'avvicinano muoiono dalle risate. E pertanto l'ospedale è stato evacuato; la camera meticolosamente insonorizzata; ciò nonostante bisogna riconoscere che la risata passa per gli interstizi che non è stato possibile otturare matematicamente.
IL PRESIDENTE
Insomma, Signori, questo miserabile, volevo dire questo disgraziato, questo malato - per quanto irresponsabile - malgrado tutto è responsabile - e suo malgrado, forse, lo voglio ammettere - della ilarità generale; ed oggigiorno non è l'ilarità, ma la mobilitazione che dev'esser generale. Colui che, forse, tra pochi giorni, avremo il dispiacere di chiamar nostro nemico, non è in diritto di dirsi: "Ridono, dunque sono disarmati!"
IL MINISTRO DELLA GUERRA
IL MINISTRO DELLA GUERRA
Secondo le ultime notizie, si trova nell'ala estrema, assolutamente solo, isolato.IL PRESIDENTE
(con una luce di speranza negli occhi)
Morirà, probabilmente, di fame, o di sete, o di che so io?
IL MINISTRO DELLA GUERRA
Probabilmente; ma intanto tutti coloro che l'avvicinano muoiono dalle risate. E pertanto l'ospedale è stato evacuato; la camera meticolosamente insonorizzata; ciò nonostante bisogna riconoscere che la risata passa per gli interstizi che non è stato possibile otturare matematicamente.
IL PRESIDENTE
Insomma, Signori, questo miserabile, volevo dire questo disgraziato, questo malato - per quanto irresponsabile - malgrado tutto è responsabile - e suo malgrado, forse, lo voglio ammettere - della ilarità generale; ed oggigiorno non è l'ilarità, ma la mobilitazione che dev'esser generale. Colui che, forse, tra pochi giorni, avremo il dispiacere di chiamar nostro nemico, non è in diritto di dirsi: "Ridono, dunque sono disarmati!"
IL MINISTRO DELLA GUERRA
Signor Presidente, so da fonte sicura che il nemico, visto che un giorno o l'altro bisognerà chiamarlo col suo nome, ha paura del contagio; e che si prepara ad alzare, in gran segreto, e nel più breve tempo che può, un muro: di protezione supersonica.
IL PRESIDENTE
Ci vince sul tempo; e vincere sul tempo è già, un po', vincere una guerra.
E intanto che il tempo passa, questo tempo perduto, per noi, voi vi augurereste, Signori, che, prigionieri dentro le frontiere di un derisorio universo irridente, noi diventassimo la risata del mondo intero, del mondo libero, e libero di ridere, ma sotto controllo, come dev'essere, conservando tuttavia la sua serietà e la sua fede?
IL MINISTRO DELLA GUERRA
La situazione precipita; sarò breve. Stando all'ultimo rapporto degli esperti, quest'uomo che si dava per perduto, si potrebbe dire, invece, che ridendo si ritrova, e che col ritrovarsi non fa che spingere gli altri a perdersi.
Ad alcuni piace ancora di dire, a bassa voce, che il riso è proprio dell'uomo. Può darsi, senza dubbio; e dopo tutto, perché no! Ma non è proprio del soldato.
Questo malaugurato malato contagioso ha un bell'essere in preda a degli spasmi d'un incessante, interminante pericolo di morte; non è meno, per questo, un pericolo pubblico.
Dunque?
So che si è parlato - ma un po' tardi - d'Eutanasia; parola troppo grande; alle grandi parole, comunque, preferisco dei grandi rimedi: quest'uomo è in una camera, questa camera è in un ospedale, quest'ospedale è nella nostra capitale.
Uscirne, non costa tanto più che rientrarci. Dunque noi non possiamo sperare di sopprimere il male e le sue perniciose conseguenze che distruggendo la causa nella sua totalità.
IL PRESIDENTE
Mi tocca constatare, Signor Ministro, che nulla di quanto avevate formalmente suggerito ieri, risulta omesso quest'oggi. Continuate, prego!
IL MINISTRO DELLA GUERRA
Continuo. Distrutto un ospedale, se ne possono ricostruire altri dieci, altri cento (e sono modesto).
UN MINISTRO
Scusate!
IL PRESIDENTE
La parola al Ministro della Sanità.
IL MINISTRO DELLA SANITA'
Una semplice domanda: una volta adottato il progetto e realizzatane l'esecuzione, non ci sarebbero da temere ricadute facete o, insomma, residui esilaranti?
IL PRESIDENTE
Lodevole e pertinente obbiezione; ma, senza offendere nessuno, vorrei dire: innegabilmente anodina.
Gli avanzi di una tavola hanno poca importanza; l'importante è che vengano serviti all'ora giusta e con-ve-nien-te-men-te. Se all'acciaio ben fuso rimane attaccata una qualche pagliuzza, questo non gl'impedisce di brillare: siderurgicamente parlando.
Pertanto, Signori, passiamo all'ordine del giorno.
Essendo stato il progetto adottato all'unanimità, ed essendo caduta la notte, l'ospedale viene fatto saltare per aria insieme a qualche tratto di quartiere circostante.
Il giorno sale sulla città in cui la risata si smorza, si dissipa e scompare.
Tutto ritorna serio.
La vita, la Borsa, riprendono il loro corso; e la mobilitazione generale prosegue in maniera normale.
(Jacques Prévert, Fatras. Guanda, 1983)
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