lunedì 23 dicembre 2013

La Buona Annata's Literary Supplement: La notte di Natale a Roma

Svedesi, norvegesi e danesi: quanto più sono lontani dal loro paese, tanto più forte canta il loro cuore quando si incontrano.
"Noi siamo un sol popolo e ci chiamiamo Scandinavi!"
Quando nel 1833 vivevo a Roma, le tre nazioni decisero di celebrare allegramente il Natale tutti insieme, come una famiglia. Siccome però i canti e l'allegria mal si accordano con la solennità romana della nascita del Redentore, non osammo uscire, quella sera, a folleggiare per le strade della città; tuttavia, non sembrandoci neanche giusto rinunciare al nostro piacere - e del resto, quale città al mondo è più tollerante di Roma! - ci ritirammo in una bella sede fuori porta, messa a nostra disposizione. Era una grande casa a Villa Borghese, sita nel bel mezzo della pineta accanto al moderno anfiteatro. Addobbammo la grande sala con serti e ghirlande, i fiori li cogliemmo nel giardino della casa. L'aria tiepida e mite di quel Natale era simile a un giorno di mezza estate su da noi. 
Non poteva mancare un albero di Natale, ma non un albero di Natale fatto con un vero abete come si fa nel nord, che rappresentava qui un tesoro troppo caro; dovevamo accontentarci, come ci suggerì qualcuno, di due alberi di aranci tagliati alle radici e carichi di frutti, ma non di frutti finti, legati ai rami con lo spago, oh! no, si trattava di vere arance cresciute su quei rami.
Eravamo una cinquantina di scandinavi tra cui sette signore che si cinsero il capo con ghirlande di fresche roselline, mentre noi uomini ci agghindammo con semplici serti di foglie d'edera. Le tre nazioni avevano fatto una colletta per comprare i regali che andavano estratti a sorte con la lotteria; il dono più bello era una coppa d'argento con su scritto "Natale romano 1833", questo fu il regalo delle tre nazioni unite e a chi toccò? Il fortunato fui proprio io.
Verso mezzanotte i più anziani della compagnia si congedarono per tornare a Roma; Bystrom e Thorvaldsen erano tra questi ed io li accompagnai.
La porta della città era chiusa e per poter entrare ci era stato detto di battere forte tre colpi col battente e di gridare: "Gli scandinavi!"
Mi venne in mente Kilian, il personaggio di una commedia di Holberg, che bussa alla porta di Troia; afferrai il battente, diedi il segnale convenuto, dei tre colpi, e urlai la parola d'ordine: "Gli scandinavi!". Nella porta si aprì una porticina e uno dietro l'altro entrammo furtivi e silenziosi nella più grande città del mondo.
Fu un Natale di allegria, la notte era calda e mite, simile a una sera d'estate nel nord.
Ed ora, la stessa sera, nell'anno 1840. Nessuno aveva pensato ad organizzare la festa natalizia! Ciascuno se ne stava a casa sua. Faceva freddo. Il fuoco del camino non voleva scaldare la mia stanza. 
I miei pensieri volarono lontano, volarono su al nord.
Ora, mi sussurrarono, i danesi hanno acceso l'albero di Natale con centinaia di candeline colorate, i bambini esultanti di dolcissima gioia! Ora sono tutti seduti intorno al tavolo, cantano una canzone e bevono alla salute degli amici lontani. C'è grande allegria in città, c'è allegria in campagna e negli antichi manieri. I corridoi sono addobbati con candele e rami di abete. Lungo le scale hanno srotolato i più bei tappeti e i camerieri con indosso l'uniforme della festa, saltano indaffarati di qua e di là, la musica comincia e il corteo si snoda verso la grande sala da ballo! Oh sì, il Natale è una festa gioiosa nei paesi del nord.
Abbandonai la mia cameretta solitaria! La folla affluiva alla chiesa di Santa Maria Maggiore.
All'interno poche lampade ardevano ancora. Uomini, donne e bambini arrivati dalla Campagna e dai monti erano seduti o distesi sui gradini delle varie cappelle e alla base degli altari nelle navate laterali. In mezzo a questa povera gente qualcuno si era addormentato, altri dicevano il rosario. 
Poi furono accese le candele. Tutta la chiesa sfavillò di porpora e d'oro, l'incenso riempì l'aria del suo profumo, la musica si diffuse nello spazio, i canti annunciarono "un redentore è nato, alleluia". I vecchi cardinali percorsero le navate della chiesa portando il presepe sulle spalle e i fedeli lo videro avvolto da un'aureola più luminosa della luce di mille candele. Era come se i pastori del presepio cantassero e i suoi angeli cantassero; allora pace e consolazione scesero anche nel cuore degli uomini.

(Hans Christian Andersen. Il bazar di un poeta. Biblioteca del Vascello, 1991)



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