E intanto [Apollinaire] continuava a
insistere sul problema del cinema; era convinto che vi si trovavano
segreti che, una volta svelati, potevano essere applicati a ogni arte
e avrebbero forse fornito la chiave di questo elusivo spirito
moderno. Per parecchi anni Apollinaire aveva fatto esperimenti di
sceneggiature, brani d'opera, tutti ispirati alla tecnica del cinema,
ma non aveva mai avuto il tempo di portarli a termine. Pierre
Albert-Birot, quando era andato a trovarlo all'ospedale, aveva visto
il primo atto, o almeno l'abbozzo di un primo atto, di un'opera buffa
che aveva cominciato a scrivere poco prima dell'inizio della guerra.
Ora che Picasso, Cocteau e Satie avevano rappresentato il loro
balletto e che questo genere di spettacolo stava destando tanto
interesse e discussioni a Parigi, Birot propose di rappresentare a
sua volta una specie di opera, usando quel suo frammento come punto
di partenza. Apollinaire fu contentissimo dell'idea; Serge Férat
cominciò subito a disegnare i costumi e le scene, Germaine
Albert-Birot a comporre la musica, Max Jacob a provare il coro. Dopo
molte difficoltà tecniche Les Mamelles de Tirésias fu rappresentato
il 21 giugno 1917 al Théatre Maubel.
La tela si levò sulla scena della
piazza del mercato di Zanzibar. Sul fondo un attore rappresentava il
popolo di Zanzibar, seduto su un trono tra molti e diversi strumenti
musicali che dovevano punteggiare e accompagnare col loro ritmo i
discorsi declamati dagli attori.
In primo piano Thérèsa si dava da
fare con pentole, granate e altri simboli delle sue occupazioni
domestiche, impegnata in una vivace discussione con il marito. Diceva
di essere stanca della sua docile obbedienza, di avere figli, della
noiosa vita di donna, e di sentire un forte desiderio di diventare
soldato o membro del parlamento, o ministro, o di esercitare qualche
funzione maschile.
A questo momento, con stupore del
pubblico non ancora abituato a questi choc, sul mento di Thérèsa
compariva una folta barba; ella apriva l'ampia blouse e mostrava,
agitandoli con gioia davanti al pubblico, dei palloncini, mentre
dichiarava che ora era un uomo e aveva cambiato il proprio nome in
Tirésias. Per completare la trasformazione prendeva i vestiti del
marito, costringendolo a cambiarli con i propri. Mentre la moglie
gridava "Non più figli! Non più bambini!" egli le
rispondeva con un discorso impetuoso sulla necessità di procreare e
concludeva che, dal momento che la donna si rifiutava di farlo,
l'uomo doveva prendere il suo posto.
A questo punto interveniva il coro, di
cui facevano parte Max Jacob e Paul Morisse, spinti dal vivo
incoraggiamento degli amici. Quando ebbero finito, gli attori erano
pronti per il secondo atto, che mostrava il marito mentre accudiva ai
bambini, nella medesima piazza del mercato. Spiegava che ne aveva
avuti 40.049 in otto giorni e il paese era minacciato ora dalla fame.
Arrivava poi un poliziotto malvagio e sterile, venuto per arrestarlo
e porre fine a questa pericolosa situazione. Dopo una violenta
disputa, nella quale il poliziotto si rifiutava di ascoltare le sue
assicurazioni che il problema poteva essere facilmente risolto con un
po' di ordine e di organizzazione, il discorso veniva interrotto da
un indovino, la cui testa risplendente di luci illuminava tutto il
teatro. Il nuovo venuto prorompeva in una lode della fecondità e si
rivelava nel dibattito seguente come Thérèsa, tornata a casa
pentita. Il poliziotto, immediatamente cambiato, prometteva ai due,
felici, che avrebbe avuto a sua volta molti figli. Il sipario calò
in mezzo a un gran tumulto di fischi e di applausi.
La commedia-opera-balletto (poiché è
difficile definirla esattamente) fu accolta in modo discorde. Alcuni
critici si erano divertiti, ma altri erano stati presi dalla stessa
giusta rabbia che gli esperimenti di tutti i generi di quegli ultimi
vent'anni spesso avevano suscitato in loro.
Erik Satie, il clown stonato –
scrisse La Grimace – ha composto la sua musica su macchine da
scrivere a sonagli... Il suo complice, quel fanfarone di Picasso, che
specula sull'eterna stupidità del genere umano... Guillaume
Apollinaire, poeta e ingenuo visionario, è capace di far assistere
tutti i critici, tutti gli habitués delle prime parigine, la
canaglia della Butte e gli ubriaconi di Montparnasse alla più
stravagante e insensata delle elucubrazioni del cubismo...
Era proprio il genere di critiche che
sconvolgevano Apollinaire, perché non poteva sopportare di essere
considerato un farceur, o che si avessero dubbi sulla sua sincerità.
La situazione, il giorno dopo, era ancora più oscura; un importante
gruppo di pittori cubisti, molti dei quali dovevano a lui gran parte
della loro fama e la loro prosperità, pubblicarono una dichiarazione
resa alla stampa, in cui lo sconfessavano e lo accusavano di renderli
ridicoli con le sue stravaganze. Forse furo queste critiche che lo
spinsero a scrivere una prefazione piuttosto solenne quando Tiésias
venne pubblicato, e a proclamare, per stupire o divertire gli amici:
La mia commedia surrealista è stata
scritta soprattutto per i francesi, proprio come Aristofane scriveva
per le sue per gli ateniesi. In essa addito loro il grave pericolo,
universalmente riconosciuto, che corre una nazione, che desideri
essere prosperosa e potente, quando permette che il numero delle
nascite sia in diminuzione, e ho mostrato che il rimedio è semplice:
procreare.
Si dava per scontato che Apollinaire
stesse scherzando, in quel suo modo ironico, ma un amico fu stupito
di ricevere una lettera in cui egli deplorava gli attacchi della
stampa contro una commedia destinata "a cambiare lo spirito
della nazione e a persuaderla ad elevare il numero delle nascite".
Le discussioni sulla rappresentazione di quella epica e unica serata
(ci fu infatti un solo spettacolo) vennero riprese, di tanto in
tanto, per oltre quarant'anni, senza giungere a una conclusione. Les
mamelles de Tirésias era, come afferma Jean Cocteau, la prima
commedia anarchica, il primo atto di liberazione di un poeta che non
poteva più sopportare l'aridità che esclude ogni sorpresa, o era
propaganda politica rivolta ad una nazione più preoccupata delle
gioie dell'amore che delle sue giuste conseguenze? Forse la verità è
che quella commedia può esser interpretata nell'uno e nell'altro
modo, e che Apollinaire – e non era la prima volta – stava
facendo un doppio gioco. La parola "surrealista" unita a
dichiarazioni di nobili intenzioni morali ci fa pensare che egli si
riferisse contemporaneamente a due uditori diversi. Una commedia
sociale con problemi di spopolamento, di pauperismo e di femminismo,
poteva essere un passo verso l'Académie e il nastro della legion
d'onore a cui aspirava. D'altra parte una commedia "surrealista",
con una trama fantastica, scene e musica, avrebbe consolidato la sua
posizione come capo di una nuova generazione alla ricerca di un nuovo
genere di arte. Questo era il tipo di ambiguità che Apollinaire
amava di più, e se egli, fino a un certo punto, era vittima di
questa ambiguità da lui stesso creata, il fascino del procedimento
poteva solo essere accresciuto.
Gli amici di Sic e di Nord-Sud,
naturalmente, interpretavano Tirésias come un immenso atto di
audacia e applaudivano senza riserve. Era un passo verso la
distruzione dell'arte e della letteratura (con la lettera maiuscola)
che avrebbe lasciato posto finalmente all'espressione del nuovo
spirito, alla nuova verità. Cominciavano sempre più a diffidare di
ogni forma di arte convenzionale, di tutto ciò che avevano ereditato
dai più anziani. Perfino uomini come Max Jacob o Cendrars venivano
considerati, con ul leggero sospetto, come "letterati".
Apollinaire invece, che per la verità era uomo di lettere più di
tutti, pare che fosse capace di disarmarli con il suo fascino
straordinario e la sua capacità di persuasione. La sua presenza era
uno stimolo così vitale che difficilmente aveva importanza che
fossero d'accordo con lui o no.
(Cecily Mackworth, Vita cubista.
Rizzoli, 1964)